Dalla parte dei bambini di strada
Le speranze ed i sogni di questi bambini sono simili tra loro: vorrebbero poter andare a scuola, studiare e lavorare. C’è chi vorrebbe fare il medico, chi l’ingegnere, chi il poliziotto. Ma sono consapevoli che vivendo in strada non avranno mai l’opportunità di realizzare i loro sogni.
Il racconto di Amarech
In Etiopia è normale imbattersi in bambini di strada, anche molto piccoli. Sono vittime della povertà e dell’AIDS, che spesso ha messo in ginocchio o distrutto le loro famiglie. Vestono di stracci e dormono dove capita, si arrangiano facendo lavoretti giornalieri sperando di ricavare qualcosa che permetta loro di mangiare.
Con il progetto ST.RE.AM., appena iniziato, vogliamo dare un aiuto concreto a questi bambini altrimenti senza futuro.
Da Bahir Dar, nella regione di Amhara, Amarech – dello staff del CVM in Etiopia – ci racconta il primo incontro con i bambini di strada.
“Arriviamo in tarda serata, insieme al rappresentante di APA, nostro partner nel progetto. Qui ci accolgono alcuni membri della polizia locale ed una ventina di bambini. Ci sediamo con loro e ci colpisce subito come, nonostante siano piccoli e vivano in strada chi da mesi, chi addirittura da anni, al nostro arrivo si mostrano composti e pronti ad ascoltarci e a parlare con noi.
C’è anche una ragazza di 16 anni, tiene in braccio sua figlia che di anni ne ha appena due. E’ una mamma, ma al tempo stesso una bambina.
Durante l’incontro i piccoli ci parlano come adulti, condividendo le difficoltà di vivere ogni giorno per strada, senza certezze e con la speranza di sopravvivere alla giornata. Con umiltà ci spiegano le difficoltà di rimediare qualcosa da mangiare, di trovare un posto sicuro dove dormire – spesso si rifugiano nelle verande delle case, da cui però vengono cacciati -, degli abusi e delle violenze di cui sono vittime soprattutto le femmine, del non riuscire a lavorare ne poter andare a scuola.
Alcuni raccontano di come, a causa dei problemi economici o della morte dei genitori a causa dell’AIDS, si siano trovati a vivere in strada da un giorno all’altro.
Le speranze ed i sogni di questi bambini sono simili tra loro: vorrebbero poter andare a scuola, studiare e lavorare. C’è chi vorrebbe fare il medico, chi l’ingegnere, chi il poliziotto. Ma sono consapevoli che vivendo in strada non avranno mai l’opportunità di realizzare i loro sogni.
L’unico loro punto di riferimento è la poliziotta che ha organizzato questo incontro, che cerca di seguirli e dare loro un aiuto. Purtroppo però questa sembra essere un’eccezione. Non succede spesso infatti che le autorità locali si prendano cura dei bambini di strada, per questo uno degli obiettivi del progetto ST.RE.AM. è quello di riportare alla loro attenzione questo problema sociale.”
I beneficiari del progetto ed il ruolo delle istituzioni
Il progetto ST.RE.AM. si concentra su 120 bambini e adolescenti e 268 membri delle autorità locali.
Indirettamente invece, grazie alle attività previste, si stima che saranno in totale 268.000 i beneficiari, di cui 107.200 donne.
La collaborazione delle istituzioni ha un ruolo fondamentale nelle attività. Il governo locale, regionale e nazionale sta rafforzando le capacità di intervento dei rispettivi uffici per attivare percorsi per la protezione e sostegno concreto dei minori, riconoscendo questa situazione come problematica sociale prioritaria.
Gli assistenti sociali, le associazioni locali e la polizia sono le figure che hanno il primo contatto con i bambini di strada, ed è proprio quest’ultima che gioca un importante ruolo di protezione verso di loro a causa dei tanti pericoli di cui potrebbero essere vittime.
Lo staff del CVM ha dato il via al progetto finalizzando gli accordi con le autorità regionali e sta ora procedendo all’attuazione delle attività previste.
E’ così che, con l’impegno condiviso di tutte le istituzioni, i bambini di strada verranno seguiti ed assistiti: potranno essere integrati nel sistema educativo e nei programmi di formazione professionale e vivere in un ambiente protetto e sicuro, vedendo finalmente riconosciuti i loro diritti e le loro esigenze.
EMEBET E AYALNESH
ANIMUT, dieci anni
Animut Tadig nasce da una famiglia povera, in un villaggio nella regione di Amhara. Quando suo padre morì aveva solo quattro anni. La mamma trova un nuovo compagno da cui ha altri due figli. Animut dovrebbe andare a scuola, ma ogni giorno deve aiutare in casa, badare agli animali e occuparsi del campo. La mamma e il patrigno litigano spesso: lui usa modi violenti e costringe tutta la famiglia a lavorare più di quanto dovrebbero. In questa situazione così pesante Animut, a soli otto anni, è costretto a lasciare il villaggio e partire per la città, unica speranza di una vita migliore. Saluta con tristezza sua madre, ma parte pieno di sogni e di speranze. E’ solo un bambino e non sa cosa lo aspetta. A 65 chilometri di distanza dalla famiglia e dal villaggio, arriva al centro urbano più vicino, alla stazione di Ebinat. La città è così diversa dalla campagna, la realtà intorno a lui è sconosciuta e questo lo rende insicuro e confuso. Non ha un punto di riferimentom non sa come muoversi, così si unisce ad alcuni bambini di strada che passano il loro tempo vicino la stazione. Si arrangiano aiutando gli ambulanti durante i giorni in cui c’è il mercato locale. E’ così che inizia la sua vita da bambino di strada, così diversa da quella che immaginava quando era al villaggio. Animut ci racconta come in questi due anni è sopravvissuto lungo le strade di Ebinat, la paura di stare da solo, la difficoltà di trovare abiti e coperte per non sentire freddo la notte, la carenza di cibo, gli scontri, anche violenti, con gli altri bambini e ragazzi di strada. La sua vita continua tra le vie della città di Bahirdar, dove si è spostato: oggi il suo progetto è quello di continuare a lavorare come può per mettere da parte i soldi necessari a pagare il viaggio di ritorno dalla sua famiglia e poter iniziare a frequentare la scuola.