“Le buone pratiche da condividere”. Peace, staff CVM Tanzania, racconta il suo incontro coi colleghi in Etiopia.
Ho iniziato la mia esperienza di SCN da soli tre giorni, ed oggi ho già il privilegio di incontrare molti dei membri dello staff CVM, che si riuniscono per la prima volta tutti insieme nel quartier generale di Addis Abeba, per discutere di buone pratiche da condividere. All’incontro sono presenti Gheremo da Debre Markos, Yekitwork da Bonga e Zthay da Injibara, ma l’ospite più atteso è Peace Ndahagalikiye Myugi, Project Facilitator del CVM in Tanzania, arrivata pochi giorni fa da Bagamoyo. Peace sembra una donna allegra e forte. Durante l’incontro la sua voce profonda richiama all’attenzione ed io mi ritrovo persa nella saggezza delle sue parole, al punto che quasi mi dispiace distogliere il mio sguardo dal suo per prendere appunti. Terminata la discussione ho il piacere di intervistarla.
Allora Peace, qual’è stato tuo primo impatto con l’Etiopia?– le chiedo per rompere il ghiaccio.
“Aspettavo questo viaggio da tre anni e finalmente sono qui! Sono arrivata da qualche giorno e rimarrò circa due settimane. L’Etiopia è un paese molto diverso dal mio. Fa freddo ed il cibo non mi fa proprio impazzire – afferma a bassa voce, ridacchiando – Soffro molto la mancanza dei miei figli. Questi giorni sono stati difficili ma molto formativi. Lo staff di CVM Etiopia mi ha accolta calorosamente e mi ha fatto sentire a casa. È stata un’occasione unica per condividere le nostre esperienze e capire quali sono i punti di forza e debolezza dei nostri progetti. Da entrambe le parti c’è volontà di migliorare, imparando gli uni dagli altri.”
Quali sono i progetti che hai visitato finora?
“Sono stata in Amhara, al nord dell’Etiopia. Il primo giorno ho fatto visita alle Domestic workers di Dejjaa e sono stata anche in un Vocational Training Centre. Nella Kebele di Yetnora mi sono recata presso l’Associazione delle Bar workers ed ho avuto la fortuna di incontrare i beneficiari di un intervento di riunificazione famigliare. Sono rimasta molto colpita da quest’ultimo progetto perché in Tanzania non facciamo attività di questo tipo e ci sarebbe davvero bisogno di trovare una soluzione al problema dei ragazzi di strada.
La mattina del secondo giorno sono stata insieme allo staff locale CVM per condividere le nostre esperienze riguardanti i progetti e i partner locali. Ho visitato il gruppo di teatro delle Domestic workers e Bar workers e l’Associazione delle persone affette da HIV (BEZA/BEZAWIT PLWHA). Nel pomeriggio ho visitato le carceri di Debre Markos e lo staff amministrativo, i siti dove sono state organizzate le latrine ed il dormitorio. Il progetto nelle carceri è quello che più mi ha lasciata a bocca aperta perché in Tanzania non esiste la possibilità di organizzare attività del genere. Vedere queste donne che si supportano le une con le altre è stata una scoperta di vera umanità.
Il terzo giorno ho visitato la BIRHUT-TESFA CHILDREN ASSOCIATION ed ho incontrato gli amministratori ed i membri dell’Associazione delle Bar workers, nella woreda di F/Selam. È stata un’occasione per conoscere i partner locali a livello di woreda. Lì mi sono rilassata durante una performance del gruppo teatrale, accompagnata da una deliziosa cerimonia del caffè. Sono poi partita alla volta di Injibara, dove lo staff locale mi attendeva per una visita al gruppo delle Bar workers.
Il quarto giorno, nella woreda di Woudberna, ho visitato un gruppo di ragazze supportate dal CVM nel loro percorso scolastico preparatorio e tre famiglie beneficiarie di un intervento di riunificazione famigliare. Nel pomeriggio ho incontrato le donne coinvolte in alcune attività di reinserimento socioeconomico nelle prigioni di Bar Dar.”
Secondo te quali sono le principali caratteristiche in comune e differenze che hai riscontrato in Etiopia rispetto a Bagamoyo?
“Quello che posso dire è che ho trovato moltissime caratteristiche in comune ma anche alcune differenze. Ci sono cose che in Etiopia funzionano meglio, e viceversa. Sono quattro gli ambiti in cui CVM Etiopia e CVM Tanzania possono confrontarsi: i partenariati con le istituzioni locali costruiti a livello locale, il gruppo delle bar workers e delle domestic workers, le attività di microcredito ed i progetti nelle carceri.
Per quanto riguarda il partenariato in Etiopia, ho notato una buona collaborazione, sia da parte delle comunità che degli uffici governativi locali. A livello regionale c’è una divisione importante in dipartimenti e sezioni, e ci si riesce ad occupare in maniera più diretta delle persone che hanno bisogno. In Tanzania non esiste questo tipo di intermediario a livello locale e siamo costretti a rivolgerci agli uffici centrali che sono più difficili da raggiungere. Di conseguenza la procedura per implementare un progetto è molto più lunga.
Visitando le Associazioni delle Bar e Domestic workers in Amhara, mi sono resa conto che in Etiopia le attività si trovano in una fase avanzata rispetto alla Tanzania, dove il progetto è più recente. In Tanzania queste realtà sono più piccole, i gruppi non sono ancora consolidati e le donne fanno ancora fatica a parlare dei loro problemi. Da questa visita ho imparato molto: non solo le donne hanno instaurato un rapporto di fiducia reciproca, ma anche lo staff è molto coinvolto. Tuttavia, ho riscontrato dei conflitti interni in un paio di gruppi in Amhara, probabilmente legati alla situazione politica del Paese.
Un ambito d’intervento comune, nel quale ho riscontrato molte differenze, riguarda le Associazioni di micro credito. In Etiopia queste funzionano molto bene, mentre in Tanzania molte donne non sono state in grado di ripagare il prestito ottenuto e spesso siamo stati costretti ad andare a bussare alle loro porte. La fortuna di queste Associazioni in Etiopia è che per loro è possibile accedere ad un secondo prestito, mentre in Tanzania se le donne non riescono a ripagare il denaro anticipato per loro, sono costrette a chiudere. Tuttavia, se da una parte questa è una fortuna, dall’altra solleva dei dubbi che riguardano la sostenibilità delle Associazioni stesse.
Il progetto che mi ha lasciato di più, come ho detto, è quello delle carceri: dare la possibilità a queste donne di riscattare la propria dignità, valorizzandole attraverso la formazione e l’avvio di attività, è davvero importante. Mi piacerebbe poter fare lo stesso nel mio Paese.”
Secondo te è più difficile affrontare la questione dei diritti in Etiopia?
“Assolutamente si. In Etiopia ci sono programmi per la salvaguardia dei diritti ma nessuno ne parla. La gente ha paura. Per noi è diverso. Raccogliamo dati su abusi, sulla condizione delle lavoratrici domestiche e cerchiamo di aiutarle. Questo ci è consentito perché sono principalmente le persone che hanno voglia di lottare per i propri diritti e dar voce a queste problematiche.”
Cosa porterai con te in Tanzania dopo questa esperienza?
“Sicuramente i progetti di CVM in Etiopia sono un esempio virtuoso di buona collaborazione con le Associazioni, sostenibilità e ownership (senso di appartenenza). Alcuni gruppi beneficiari, come quello delle Bar workers, sono molto attivi e impegnati. In Tanzania è molto difficile migliorare le condizioni di vita delle Bar workers prima di tutto perché le ragazze tendono a spostarsi molto per il Paese, in cerca di condizioni lavorative più dignitose.
La mia avventura in Etiopia però non è ancora finita! Domani partirò alla volta di Bonga, nella regione del Kaffa per visitare alcune Cooperative di microcredito. Mi hanno detto che lì le temperature saranno più clementi, io davvero non sopporto indossare il cappotto!”
Ciao Peace, magari un giorno ti raggiungerò al caldo!
Michela Bracone, Servizio Civile Nazionale Etiopia