La storia di Tatu. Donna salvata e rinata grazie alla solidarietà di CVM
Tatu Mningo Daudi ha 41 anni ed è nata nel villaggio di Changalikwa ma ha trascorso la sua infanzia nella città di Dar Es Salaam. Dopo aver concluso la scuola primaria, ha lavorato come parrucchiera e, nel 1999, è tornata nel proprio villaggio natio dove, oltre a gestire una piccola attività di ristorazione, acquista il mais per rivenderlo a Dar Es Salaam. Nel 2001 Tatu si è sposata e nel 2010 è riuscita ad ottenere un prestito da Wandele Saccos (una della associazioni supportate da CVM e che si occupa di micro-credito) grazie al quale ha formato una cooperativa costituita da ventiquattro donne di cui lei stessa è la presidentessa.
Nel Gennaio 2012, la sua vita si trasforma in un incubo: il marito inizia a bere, a picchiare la moglie, ad avere un’altra donna; smette di lavorare e ruba i soldi che Tatu aveva ricevuto come prestito bruciando tutti i documenti.
La donna si ritrova a dover difendere se stessa e i suoi tre figli dall’uomo che amava e che la picchia anche quando è incinta del quarto figlio.
Dopo mesi di continue violenze, la donna finalmente decide di denunciare il marito e il caso viene presentato alla Primary Court che, nelle more del giudizio, stabilisce di arrestare preventivamente l’uomo. L’incubo di Tatu, tuttavia, sembra non avere fine: durante un permesso di libertà, il marito torna a casa e, oltre a picchiare la donna, le ruba 2.900.000 scellini; Tatu presenta, quindi, la seconda denuncia e, dopo aver subito numerose minacce di morte, ne presenta una terza.
Il caso viene trasferito alla District Court, in quanto l’uomo chiede di essere assistito da un avvocato, e Tatu, che ignora la complessa burocrazia legale, si ritrova ad essere più sola che mai.
Decide quindi di andare a Bagamoyo e chiedere aiuto a CVM, sapendo che l’ONG lavora da anni nel territorio per la difesa dei diritti di donne e bambine. CVM la supporta psicologicamente e la mette in contatto con TAWLA (Associazione delle donne avvocato tanzaniane); l’incontro risulterà essere di fondamentale importanza: grazie a tale aiuto, l’uomo viene condannato a due anni di reclusione e al risarcimento di 300.000 scellini (circa 150 €) mentre per il reato di furto la Corte ha ritenuto che non ci fossero prove sufficienti per condannare l’imputato.
Ora Tatu vive con i suoi quattro figli, tre dei quali frequentano la scuola primaria; continua a gestire la propria attività di ristorazione ma per avere maggiori guadagni ha dovuto affittare parte della propria casa. Inoltre, la donna ha difficoltà nel reperire denaro contante e per questo chiede spesso aiuto agli affittuari che hanno un piccolo negozio nel villaggio.
Tatu ha intenzione di chiedere il divorzio e sta pianificando di chiedere un altro prestito a Wandele per avviare una nuova attività; è supportata moralmente dalla propria famiglia che, però, non può aiutarla economicamente.
Quella di Tatu è una delle tantissime storie di violenza domestica che si perpetrano in Tanzania. Infatti, secondo i dati raccolti da CVM, negli ultimi quattro mesi del 2016 sono stati denunciati più di 100 casi nel solo distretto di Bagamoyo e si ritiene che il numero sia molto più alto se si considerano tutte quelle violenze che restano nascoste.
Tatu rappresenta tutte le donne che sono state umiliate, picchiate e private della loro dignità dall’uomo che amavano e, nonostante ciò, anche grazie all’aiuto di CVM, hanno trovato il coraggio di porre fine al loro dramma denunciando il marito.
Le attività di CVM sono nel loro complesso finalizzate a far acquisire alle donne consapevolezza dei propri diritti, a farle capire che essere donna non significa essere la schiava del proprio marito e che tutti hanno il diritto ad venire rispettati e trattati come essere umani.
Ciò che mi ha colpito di più dall’incontro con Tatu è stata la lucidità con cui ha parlato della propria storia e, soprattutto, la sua determinazione nel ricominciare da zero, migliorare la propria attività lavorativa e garantire un futuro più sereno ai suoi figli. Durante il nostro incontro, la donna non si è mai lamentata, mai una parola di autocommiserazione ma solo l’orgoglio di essere, ora, una donna finalmente libera.
Giuseppe Galioto, Volontario Servizio Civile a Bagamoyo.