Nel carcere in Etiopia con donne e figli | Se la formazione è riscatto
Carcere e formazione per i più vulnerabili. Uno dei fili che legano i progetti di CVM in Etiopia è la volontà di rafforzare gruppi sociali vulnerabili, ossia particolarmente esposti a rischi a causa delle loro condizioni economiche, sociali, ambientali. La volontà, insomma, di lavorare sul potenziale che ciascuna di queste persone ha in sé, di fornirle delle competenze e dei materiali necessari per essere artefici della propria vita e del proprio miglioramento. Tutto ciò è particolarmente visibile nei progetti che in Amhara CVM implementa all’interno del carcere, e che coinvolgono soprattutto le donne detenute e i loro figli, spesso costretti a vivere all’interno di questi ambienti privati della loro infanzia.
Nel carcere di Fenote Salam, per esempio, ci sono 29 donne e 13 bambini. Per loro CVM, in collaborazione con il governo locale, organizza attività di formazione in agricoltura, allevamento e salone di bellezza. Dopo 2-3 mesi di training in carcere, che coinvolgono formatori esterni, le donne iniziano a praticare l’attività appresa e a raccogliere i primi risparmi in conti bancari personali. Sempre in carcere, per l’allevamento di ovini, ad esempio, il profitto netto è di 300 birr per pecora ogni tre mesi. Per l’attività di agricoltura, al profitto dalla vendita dei prodotti si aggiunge il beneficio di avere a disposizione alimenti per sé e i propri figli. Il salone di bellezza, infine, ha come clienti le altre detenute e lo staff del carcere, ma mira ad estendere l’attività coinvolgendo clienti da fuori.
Nel carcere di Injibara, invece, le donne sono 22 e i bambini 5. L’anno scorso 10 detenute hanno ricevuto formazione in agricoltura e 10 in sartoria. Ora alcune di queste insegnano il mestiere alle detenute appena giunte, per offrir loro l’opportunità di sviluppare nuove competenze e per risolvere in parte il problema del turnover.
I benefici di questi training sono da considerare di lungo termine. L’apprendimento di una professione, infatti, rappresenta una opportunità incredibile per le detenute che, una volta scontata la pena e uscite dal carcere, potranno mettere a frutto le conoscenze apprese e iniziare un’attività generatrice di reddito, utile per ricominciare una nuova vita lontana dalla criminalità. Alla componente psicologica, legata alla sensazione di sentirsi valorizzata e capace di lavorare a qualcosa di buono, seppur in un contesto di reclusione come quello del carcere, si aggiunge la componente economica, rappresentata dalla possibilità di iniziare a mettere soldi da parte per il futuro. Queste donne, insomma, ricevono molto più di una formazione: ricevono strumenti per il loro riscatto.
Chiara Coscione – Servizio civile CVM Etiopia