Racconti da Etiopia e Tanzania | Un anno di volontariato e strade percorse
Ogni anno CVM accompagna dei giovani nei propri progetti in Etiopia e Tanzania. Dove lo staff locale segue e aiuta i volontari ad entrare nella cultura locale, nelle attività e nelle prassi del lavoro di cooperazione. È un viaggio per capire cosa davvero significa la giustizia, confrontare la propria vita con quella degli altri e capire il senso della propria.
La Tanzania è essenzialità e semplicità
La parola-chiave con cui vorrei concludere questa esperienza di Servizio Civile in Tanzania a Bagamoyo con CVM è: Grazie!
La Tanzania è divenuta “Casa” per me. Una possibile definizione di questa parola trovata su vocabolario è: “Insieme di persone viventi in uno stesso ambiente, in una stessa comunità e accomunate dall’appartenenza ad uno stesso ideale/stile di vita”. Concetto che in lingua swahili rende bene con l’espressione “Tuko pamoja” ossia “Siamo tutti uniti” come in un grande abbraccio.
Ormai manca poco al rientro in Italia per la fine dell’anno di servizio civile, ma so che qui ci sarà sempre Casa e soprattutto una Famiglia (diversa e stravagante) pronta ad accogliermi, sia nell’ufficio a Bagamoyo, sia con le persone tanzaniane conosciute al di fuori e con cui più ho legato.
Ringrazio CVM per questa esperienza di vita così intensa nelle emozioni; colori; calore; musica e azioni compiute, perché sono stata bene e ho anche appreso lo swahili. Ho vissuto nella pratica cosa significa davvero la parola “Servizio” e mi sono “sporcata le mani”, come promesso dall’inizio. Mi sono sentita attiva nel servizio, non solo nei confronti delle persone a cui sono rivolti i progetti di cooperazione CVM, ma anche nei confronti di colleghi, altri volontari con cui ho convissuto e persone esterne conosciute con cui ho condiviso pezzi di questo percorso.
Già so che piangerò molte lacrime al ritorno, perché internamente non voglio che questa esperienza volga al termine. Eppure forse è bene che sia così, perché ha aperto “nuove porte” e mi ha dato la possibilità di nuove prospettive future, grazie alla formazione professionale appresa e alla messa in discussione interiore sul piano personale; facendomi conoscere nuovi aspetti di me stessa.
Tanzania sei un tatuaggio indelebile sul mio cuore e sempre ti porterò con me!
Manuela De Angelis, Tanzania – Bagamoyo
Scoprire attraverso i sensi. Conoscere grazie al confronto
Sono partito con il desiderio di confrontarmi con una realtà che fosse il più possibile diversa dalla mia, mettermi alla prova e capire se fossi in grado di vivere per un anno così lontano dagli affetti; inserirmi in un contesto lavorativo in cui non avevo alcuna esperienza e vivere con ragazzi mai conosciuti.
Avevo già alle spalle diversi viaggi di volontariato proprio in Tanzania ma di breve durata ed ero desideroso di conoscere più a fondo un popolo e una terra verso cui ho sempre nutrito un profondo affetto e attrazione.
Nei primi mesi ho scoperto la Tanzania attraverso i sensi, come farebbe un bambino: il gusto nuovo di cibi mai mangiati, il coro mattutino dei bambini della scuola vicino casa che intonano l’inno nazionale, l’odore di bruciato dei falò che vengono accesi la notte, la vista del cielo stellato o di panorami incontaminati, la stretta di mani callose per il lavoro nei campi.
Successivamente, grazie ad un pizzico di conoscenza della lingua e, soprattutto, grazie al lavoro svolto, ho imparato ad entrare sempre più in contatto con la gente che incontravo, a desiderare un confronto, cercando, quindi, di capire chi fosse in realtà questo popolo che fin dall’inizio si dimostrava cordiale ed accogliente. Ci sono state volte in cui questo popolo mi ha come preso a schiaffi, sbattendomi in faccia una realtà che non sempre riuscivo a capire o che non volevo accettare: bambine violentate, mogli picchiate, vedove a cui non veniva riconosciuto neanche il diritto di abitare nella casa costruita con fatica dal defunto marito. Dall’altro lato, però, ho avuto anche la fortuna di aver preso parte alla gioia e alla vivacità propria dei tanzaniani come i balli e i canti ad ogni ora del giorno, i bambini che ti chiamano per strada o l’essere subito accolto in una squadra di pallavolo.
Torno con un forte senso di smarrimento perché se da un lato sento la necessità di tornare dai miei affetti, sono anche consapevole che tutto questo mi mancherà e che, sì, torno a casa ma lascio dietro alle spalle un’altra casa.
Giuseppe Galioto, Tanzania – Bagamoyo
Partite! E fate del bene a voi stessi e agli altri
Sembra ieri l’arrivo a Dar es Salaam, le prime lezioni di swhaili, l’incontro con i colleghi. Dicono che la concezione del tempo sia diversa in Africa e mi sorprendo spesso a pensare quanto sia vero.
La Tanzania è come un treno di emozioni che mi ha investito fin dai primi giorni, da quando non sapevo una parola di swahili e mi esprimevo a gesti. E così continua ora, che la mia esperienza si sta concludendo. Nel frattempo ho vissuto tante “vite” diverse e mi sono confrontato con una realtà che non conoscevo. Ho riscoperto alcuni importanti valori da molti dimenticati: l’ospitalita gratuita e l’accoglienza (nei confronti di uno sconosciuto, per di piu bianco!). Ho avuto la possibilità di partecipare ad eventi locali e di calarmi completamente nel contesto tanzaniano fatto di tradizioni, musica, balli, sorrisi e gioia e lì mi è stata insegnata la semplicità e il non prendersi troppo sul serio, scherzando spesso sul mio essere mzungu, solo per ridere delle nostre differenze. Ho conosciuto la sofferenza di molte persone e l’ingiustizia che colpisce in molti casi donne e bambini, ma anche la felicità e il sorriso di questi. Ho tratto i maggiori insegnamenti dalle molte difficoltà e sfide incontrate ed è questo, a mio modo di vedere, il grande tesoro del servizio civile. Mi sento di chiudere questa esperienza con un “grazie” a Bagamoyo, a CVM, alla Tanzania e a tutte le persone che hanno reso questa esperienza speciale. Partite e fate qualcosa di utile per gli altri, ma soprattutto qualcosa di speciale per voi stessi.
Sergio Donati, Tanzania – Bagamoyo
Oltre che una esperienza umana preziosissima, il Servizio civile è una via di ingresso nel mondo del lavoro (e in forma retribuita). CVM cerca anche dei volontari per i progetti in Italia, perché si può aiutare il mondo anche senza cambiare continente.
Un abbraccio lungo mesi
Tra le voci contabili di “dare” e “avere” usate nei rendiconti c’è una vasta zona d’ombra indefinibile, fatta da quelle cose che non sai bene se hai dato o ricevuto. L’ho capito in questi giorni, fermandomi a riflettere sui mesi di Servizio Civile e a provare a fare un bilancio personale di quest’esperienza. Sono partita per la voglia di dare, di mettere quel poco che avevo imparato sui libri a disposizione dell’altro, di dare tutta me stessa a una causa che sentivo come meritevole. Spero di essere riuscita a lasciare qualcosa, sia esso un aiuto tecnico o un sorriso. Con il tempo ho ricevuto tanto, forse molto più di quanto non mi renda conto adesso, che sono ancora immersa in questo capitolo della mia vita. Ho acquistato tante nuove competenze professionali e rafforzato valori personali. Ho ricevuto tutto ciò che un paese come l’Etiopia può offrire a chi come me viene da lontano. Nuovi ideali, sapori, immagini, comportamenti e modi di dire. Ogni piccola cosa è entrata nel mio patrimonio, so che ci rimarrà per sempre. Ringrazio infinitamente CVM per aver creduto in me in ogni momento. E ringrazio tutte le persone che in questi mesi mi hanno preso per mano e accompagnato in questa meravigliosa avventura. C’è chi l’ha fatto letteralmente, sotto piogge torrenziali lungo pendii infangati per arrivare a capanne di rifugio. Chi l’ha fatto metaforicamente, guidandomi giorno dopo giorno alla scoperta di questo paese tra qualche difficoltà e tante soddisfazioni. Chi l’ha fatto da lontano, standomi vicino nonostante i kilometri e il tempo. Adesso so che è solo dando e insieme ricevendo che ci si può sentire ricchi davvero.
Chiara Coscione – Etiopia, Debre Marcos
Un viaggio incredibile
Tempo fa, spulciando un saggio di sociologia, m’imbattei in un breve aforisma sul concetto di esperienza che ancora oggi non ho dimenticato: “L’esperienza è l’insegnante più difficile. Prima ti fa l’esame poi ti spiega la lezione”. Quello in Etiopia è stato un esame ricco di sfide, sicuramente il più affascinante che abbia mai dovuto affrontare. Con umiltà mi sono messo in discussione. Ho passato molto tempo ad ascoltare e osservare in silenzio, cercando di captare, analizzare ed elaborare ogni minima particella di un universo che non avrei potuto neanche immaginare. Lentamente ho iniziato a interagire, domandare, scoprire, assaporare e odorare: in una sola parola a vivere pienamente questo viaggio. Ed è stato un viaggio incredibile. Mi sono confrontato con un popolo fiero e orgoglioso del suo passato e del suo patrimonio socio-culturale. Ho conosciuto persone strane, stravaganti, sagge, tristi, non curanti, solari, silenziose, boriose e prolisse. Tutti questi incontri mi hanno sempre provocato sensazioni o riflessioni che mi hanno aiutato a conoscere questo Paese e me stesso. Si, perché l’esperienza ad un certo momento passa, senza preavviso, da sensoriale a intima. Nascono tutta una serie di domande e considerazioni che soltanto il tempo potrà aiutare a sciogliere, affermare o riconsiderare. Devo ringraziare tutti gli insegnanti che ho incontrato in questi mesi: colleghi, amici e passanti e in particolare CVM. Siete stati un bene prezioso, che non dimenticherò mai. Mi avete regalato una lezione di vita
Manuel Morini – Etiopia, Bonga
Ne avrei di cose da raccontare…
Durante la settimana di formazione ci era stato chiesto di scegliere una parola per descriverci e che allo stesso tempo potesse riassumere le motivazioni alla base della nostra scelta di dedicare un anno di vita al servizio degli altri. Io scelsi la parola “empatia”. A distanza di mesi provo a riflettere sulle emozioni, forti e contrastanti, provate nel corso del mio percorso e di racchiuderle in poche parole. Scriveva Kapuściński: “ne avrei di cose da raccontare su quel che ho visto e vissuto da queste parti, ma non riesco a riordinare le impressioni”. Ed è proprio così.
Essere al servizio degli altri ha significato innanzitutto abbandonare le lenti del pregiudizio e del preconcetto – che sono inevitabilmente parte di noi nel momento in cui ci confrontiamo con “la diversità” – e lasciarsi trascinare in, e a tratti sconvolgere da, un mondo completamente diverso dal proprio. Il primo passo è stato dunque la scoperta profonda del Paese che mi avrebbe ospitata per circa un anno, di ogni suo particolare: odori, sapori, musiche, tradizioni, ma soprattutto della sua gente. Con sguardo curioso ho provato a conoscere queste persone, con rispetto sono entrata nelle loro case e con interesse ho ascoltato la storia di un popolo fiero.
Ringrazio ogni persona incontrata poiché è stata fondamentale nel cammino verso la scoperta di me stessa, dei miei punti di forza e soprattutto dei miei limiti.
Michela Bracone – Etiopia, Bonga
Da ferenji (straniera) ad abesha (etiope)
“Manca poco al tuo ritorno!”, sono le parole di un’amica. Faccio un calcolo veloce e realizzo all’istante. Sgrano gli occhi, una strana felicità mista a malinconia mi assale: manca davvero così poco. Stento a credere che sia quasi passato un anno da quando l’avventura etiope è cominciata, da quando sono partita spinta dal desiderio di conoscere, di mettermi alla prova, traboccante di curiosità e domande.
Proprio adesso che mi sento a casa. Proprio ora che i bambini che abitano di fronte hanno smesso di chiamarmi ferenji (straniera) per sostituirlo con abesha (etiope), ora che i beneficiari dei progetti mi salutano come fossi una loro parente prossima, ora che, andando a bere un caffè nella bunna bet di fiducia, riesco a rispondere in amarico alle curiose e numerose domande della proprietaria Mami.
Nei primi mesi trascorsi qui, pazienza, ascolto e lunghi silenzi hanno caratterizzato le mie giornate, mentre a suon di timidi sorrisi cercavo di superare le diffidenze nei miei confronti.
Intanto, impegnata a farmi largo in una quotidianità tanto diversa dalla mia, non mi accorgevo di come questa stesse ribaltando le mie certezze e i miei punti di vista, trasformando stranezze in normalità e ordinario in straordinario.
Il Servizio Civile è un cammino fatto di tappe, ostacoli e scoperte.
È un tuffo nel vuoto, sentirsi disorientati, cercare di districarsi, per poi lasciarsi travolgere, assimilare nuove coordinate, tracciare insieme un percorso e condividere risultati.
Elisa Pasquini – Etiopia, Debre Marcos