La battaglia di Adua – La festa di tutti gli etiopi
Il nostro volontario Jonathan ci racconta come gli etiopi vivono l’anniversario della battaglia di Adua
- Driver: “Where are you from?
- Jonathan: “I’m Italian”
- Driver: “ahhhh Adua!”
Quante volte ho vissuto questo binomio italiano = Adua, prendendo un taxi per tornare a casa la sera dopo le 6 oppure facendo nuove amicizie nei gruppi di trekking. Certe volte per i miei lineamenti mi confondono per un nord europeo ed allora me la cavo.
Qui in Etiopia il 2 marzo si festeggia la battaglia di Adua, è una grande festa, al centro dell’orgoglio e dell’identità nazionale: possiamo dire che è l’equivalente del nostro 25 Aprile.
La battaglia di Adua è stata combattuta nel 1896 tra l’allora generale Oreste Baratieri del regio esercito italiano con 17.800 uomini, 56 pezzi d’artiglieria, 6.700 ascari ed il Negus Menelik II imperatore d’Etiopia forte di circa 100.000-120.000 uomini di cui all’incirca 80.000 con un’arma da fuoco.
Nonostante l’esercito italiano fosse moderno comparato con quello etiope, che era ancora legato ad un sistema feudale, l’esito della battaglia sancì la netta vittoria degli etiopi, mentre gli italiani persero tra i 6-7.000 uomini e migliaia di prigionieri tra italiani e ascari. Gli effetti di questa sconfitta per l’Italia furono un trattato di pace con l’Etiopia, la fine dell’espansionismo nel corno d’Africa e la caduta dell’allora governo Crispi. Non solo, rimané un segno nella memoria comune: si era palesata la grande distanza tra le maggiori forze coloniali dell’epoca e la nostra penisola ancora mezzadra e non industrializzata. Il desiderio di rivincita è stato forse il seme per la successiva invasione dell’Etiopia nel periodo fascista, quarant’anni dopo.
In Etiopia la battaglia di Adua è considerata centrale per l’identità nazionale. E’ un giorno di festa, le persone festeggiano nelle piazze e sono fiere di questa battaglia ricordando il giorno che loro, gli etiopi, hanno sconfitto l’invasore europeo.
Oggi l’Etiopia, con 84 lingue diverse e differenti gruppi etnici che rivendicano maggiore potere ed autonomia, vive un clima di tensione e paura, complice l’enorme estensione di questo paese, la difficoltà negli spostamenti ed anche un cattivo sistema d’informazione pubblico, considerato inaffidabile.
Le notizie si scambiano a voce nei momenti di socializzazione e ogni giorno si sentono nuove notizie della guerra in Tigray, di chiese bruciate al confine o persone uccise da quest’etnia o da quell’altra. Si vive un senso di paura e di diffidenza verso l’altro. Noi lo percepiamo nelle conversazioni comuni fatte quasi con circospezione o di storie sentite dire: “Oggi un poliziotto mi ha fatto la multa perché non parlavo la sua lingua”; “Ho sentito che quelli sono gli appartamenti che hanno dato solo a quel gruppo etnico diverso dal mio”; “Quelli vengono dalla regione del sud a rubarci il lavoro”; “Il primo ministro è di quell’etnia lì” ecc.
Quando arriva però un giorno di celebrazione, come ad esempio l’anniversario della battaglia di Adua, il popolo etiope si riunisce, mostrando un forte spirito di condivisione e di festa. Non esistono più distinzioni etniche, non ci sono gli Oromo o gli Amhara o gli Afar. In quel giorno si è tutti ugualmente etiopi, ovunque bandiere etiopi verdi, gialle e rosse sulle case, sulle macchine, bandane con i colori etiopi tra i capelli di ragazzi e ragazze per strada. Immaginate le strade piene di persone che festeggiano insieme: l’anniversario della battaglia di Adua è un momento di condivisione popolare radicato nella cultura e nella tradizione etiope.