Storie di Servizio Civile: l’esperienza di Pietro in Tanzania
Il 12 novembre del 2020, dopo aver messo piede fuori dall’aereo ricordo di aver pensato “Ce l’ho fatta, da qui parte il mio anno di servizio civile”. Dopo due ricollocamenti, un cambio di ONG e continui retromarcia sulla partenza, ero finalmente arrivato a destinazione. Tanzania.
Non avrei mai immaginato di svolgere l’anno di servizio civile in Tanzania, ma il susseguirsi di eventi relativi alla pandemia mi hanno portato da quello che doveva essere un anno a 3600mt di altitudine a La Paz, Bolivia, ad una tranquilla cittadina sull’oceano indiano, Bagamoyo, Tanzania.
Un cambiamento radicale rispetto alle mie aspettative iniziali, ma forse anche per questo ancor più speciale. Un cambio totale di prospettiva, un lancio nel vuoto che mai avrei immaginato, una sliding door presa all’ultimo minuto.
Ho abitato per 8 mesi in una casa a 300 mt dalla spiaggia, di fronte all’accademia artistica più grande della Tanzania, con un campetto da basket sempre molto frequentato, proprio a due passi dal cancello di casa. Insomma non ho di che lamentarmi.
È stato proprio il campetto a farmi fare le prime amicizie. Essendo uno dei pochissimi europei a Bagamoyo, ho pensato che la palla a spicchi potesse essere un bel mezzo per legare coi ragazzi locali, e così è stato.
Una delle parole che attribuirò sempre alla Tanzania, e nello specifico a Bagamoyo, è “accoglienza”. Nonostante le mie abilità cestistiche fossero tutt’altro che buone, sono stato accolto immediatamente come membro effettivo della “squadra” e, ben presto, dei ragazzi tanzaniani incontrati nel campetto di fronte a casa sono diventati i miei compagni di avventure per i mesi successivi.
Il mio punto di riferimento fin dal primo giorno è stato Stefania, Rappresentante Paese di CVM e mia OLP. Stefania è stata a tratti il mio capo, a tratti la mia sorella maggiore, instaurando un magico equilibrio che non ha mai messo a repentaglio la sua autorità pur standomi vicina e accompagnandomi durante tutto il mio percorso come davvero avrebbe potuto fare solo una sorella.
Nel corso del mio servizio civile ho quindi supportato Stefania in qualsiasi cosa ci fosse da fare in ufficio. Lei sapeva bene che la mia ambizione era quella di collaborare alla stesura di nuovi progetti e per questo ha sempre tentato di includermi nelle diverse progettazioni. Tuttavia, il primo compito del servizio-civilista ed anche quello del cooperante, penso sia proprio quello di mettersi a disposizione dell’organizzazione, ritrovandosi a fare le cose più disparate, dallo scansionare innumerevoli ricevute, allo scrivere report, all’effettuare visite di monitoraggio o scrivere progetti pilota in totale autonomia.
Spendo due parole proprio su quest’ultimo task. Stefania da tempo aveva in mente di scrivere un mini progetto a tema ambientale che potesse fungere da pilota per eventuali iniziative future. Così ha deciso di affidarmi questo compito. Sotto la sua supervisione e con l’aiuto dei colleghi locali (Magesa, Stanley e Molel) ho contattato due college della zona, invitando i ragazzi ad aderire ad un percorso di sensibilizzazione sui cambiamenti climatici, composto da 3 differenti incontri. Il primo incontro ha previsto la pulizia della spiaggia di Kaole, dove sono stati raccolti più di 200kg di rifiuti in meno di due ore. Il secondo ha previsto la visione del film “The boy who harnessed the wind” con una conseguente discussione. Il terzo incontro si è sviluppato in un gioco di simulazione a squadre che ha poi anch’esso alimentato un momento di confronto e di chiusura del progetto. L’iniziativa è stata piccola e l’impatto difficilmente misurabile, tuttavia i due pomeriggi di confronto che ho avuto a tu per tu con questi giovani mi hanno davvero emozionato. Con il loro interesse, il loro grande coinvolgimento e la loro proattività mi hanno donato una grande soddisfazione. Per certi versi sono convinto che sia stato utile più a me di quanto non lo sia stato per loro, dopo tanto tempo mi sono sentito nel posto giusto, ricordandomi perché avevo deciso di partire.
Bagamoyo significa “deponi il tuo cuore”, probabilmente perché dal porto di Bagamoyo durante il XVIII partivano gli schiavi destinati a non far più ritorno. Il significato è tragicamente poetico, ma durante questi 8 mesi ho avuto modo più volte di pensarci e di farlo mio. Bagamoyo non era la destinazione che avevo scelto per il mio servizio civile, come non lo era la Tanzania. Come dicevo, inizialmente, è stato forse questo lancio nel vuoto a donare magia alla mia esperienza. L’impatto iniziale è sicuramente tosto: i primi giorni, guardando un cielo stellato con costellazioni a me totalmente sconosciute, ricordo di essermi sentito veramente lontano da casa. Ciononostante, penso non ci sia lontananza, nostalgia o mancanza che non possa essere superata con la meraviglia negli occhi. Bagamoyo ha continuato a meravigliarmi per tutta la mia permanenza e quando pensavo di conoscerla, mi mostrava un suo lato nascosto, una sua particolarità che non avevo mai notato. Quiete, serenità e continuo stupore accompagnato da persone straordinarie in un luogo che non ha mai smesso di farmi brillare gli occhi.
Scusate, ma alla fine era doveroso lasciarsi un po’ andare!
Auguro a tutti i nuovi servizio-civilisti un’esperienza come la mia. Lasciatevi trasportare e tentate di cogliere ogni meraviglia del luogo in cui vi troverete.
Buona Strada!
Pietro Rigatelli