“L’infibulazione sarà reato contro l’umanità”
Una risoluzione per bandire nel mondo le mutilazioni genitali femminili, violazione dei diritti umani. Il testo è stato depositato dal Gruppo dei Paesi Africani all’Onu e se tutto andrà bene, a dicembre verrà votato dall’assemblea generale delle Nazioni Unite. Intervista alla vicepresidente del Senato Emma Bonino.
Non c’è Pace senza Giustizia, l’organizzazione fondata dalla vicepresidente del Senato Emma Bonino, sta lottando da più di 10 anni a livello internazionale contro le Mgf. Bonino, cosa rappresenta questo testo?
Una pietra miliare: per la prima volta la comunità internazionale, su spinta dei paesi interessati, si accinge ad adottare un testo che bandisce questa pratica come violazione dei diritti umani fondamentali, superando un approccio relativista che tendeva a giustificare” le mutilazioni genitali come espressione di una data cultura. Una presa di posizione così forte e compatta da parte della comunità internazionale sarà un incentivo per i paesi che non hanno ancora una legge di proibizione a dotarsi di tutti gli strumenti utili a contrastare la pratica dal punto di vista legislativo e di prevenzione. La risoluzione ha anche il pregio di mettere fine alla diatriba che legittima le mutilazioni praticate in modo “sicuro” all’interno di strutture sanitarie, condannando espressamente tutte le forme di mutilazione, incluse quelle eseguite in ambito ospedaliero.
Le Mgf vengono difese dalle comunità d’origine in nome della tradizione: le donne che le subiscono non sono in grado di opporsi e anzi le appoggiano per paura dello stigma sociale. Come si cambia tutto questo?
«Nei paesi dove questa pratica esiste, tradizione vuole che la donna non mutilata sia considerata impura: quindi ha molte meno possibilità di sposarsi, formare una famiglia e avere un ruolo nella comunità. Inoltre per molte donne – le cosiddette «praticone» (chi effettua queste operazioni, ndr.) – le mutilazioni genitali sono fonte di reddito. Ci vorrà tempo e impegno perché questa mentalità cambi, ma la messa al bando universale aiuterà il lavoro delle attiviste. Collocandole definitivamente dalla parte del giusto e della legge.
Chi sono le donne che hanno permesso questo risultato?
Tante, nominarle tutte è impossibile. A livello di attiviste va riconosciuto lo straordinario impegno di Khady Koita, agguerrita donna senegalese che ha avuto il coraggio di mettere a nudo la sua esperienza personale in un libro tradotto in tre lingue, in un periodo in cui l’argomento era ancora tabù in molte partì del mondo. A livello di personalità istituzionali l’ex first lady egiziana Suzanne Mubarak ha avuto il merito di fare delle mutilazioni genitali argomento di dibattito pubblico a livello continentale e aver condotto un’efficace campagna antimutilazioni nel suo paese. attuale first lady del Burkina Faso Chantal Compaoré ha poi coordinato in questi anni la campagna per la messa al bando universale con ottimi risultati.
Quante donne vittime di mutilazioni genitali ci sono in Italia e nel mondo?
È difficile dirlo: il fenomeno spesso avviene in clandestinità. Le ultime stime dell’Organizzazione Mondiale della Sanità del febbraio 2012 parlano di 140 milioni di donne e bambine nel mondo che hanno già subito la pratica e di 2 milioni di bambine a rischio.
Alcuni dati parlano per l’Italia di 40mila bambine vittime di infibulazione: è il dato più alto d’Europa che conta 500mila casi. Cosa fare?
Questi numeri emergono da uno studio del 2009 realizzato dall’istituto Piepoli su richiesta del dipartimento Pari Opportunità. Si tratta di una stima molto approssimativa, poiché in Italia non esiste un osservatorio. Abbiamo una legge ad hoc che proibisce la pratica, ma per formulare politiche efficaci è cruciale conoscere l’entità del fenomeno: per questo da anni chiedo l’istituzione, a livello nazionale o meglio europeo, di un osservatorio che monitori il fenomeno e fornisca una stima della sua diffusione.
Cosa si sta facendo in questo senso negli altri paesi?
La maggior parte dei paesi europei ha una legge nazionale che proibisce e punisce le Mgf, oggetto di diverse risoluzioni adottate dal Parlamento europeo. Esistono anche programmi d’informazione e sensibilizzazione rispetto alle comunità immigrate, normalmente meno reticenti a staccarsi dalle tradizioni dei paesi d’origine. L’Europa è compatta nel condannare questa pratica.