Pozzi, fonti, semi e cooperative per contrastare la siccità
L’ufficio CVM di Debre Markos, nell’East Gojjam Zone, Regione Amhara, si è sempre occupato di progetti relativi all’ambito sociale fino a quando, lo scorso anno, la siccità portata da El Niño e una serie di stagioni delle piogge scarse e irregolari hanno fatto emergere la necessità di un intervento tempestivo nella zona. Le quattro woreda di Enarje Enawga, Shebel Berenta, Enebsie Sar Midir e Goncha Siso Enesie, in cui attualmente risiedono più di 600mila persone, sono state individuate dagli uffici governativi come quelle più gravemente colpite. La scarsità d’acqua, non solo potabile ma anche ad uso agricolo, ha generato enormi perdite nelle rese agricole, moria del bestiame, innalzamento dei prezzi, malnutrizione e denutrizione e alto rischio di diffusione di malattie.
CVM si è dunque attivata per le zone che versavano nelle condizioni più critiche, realizzando interventi di varia natura come lo scavo e la costruzione di nuovi pozzi, la riabilitazione di fonti danneggiate non funzionanti, corsi di formazione in manutenzione dei pozzi e malattie idro-trasmissibili, distribuzione di sementi adatte alle condizioni del terreno e ad alto contenuto nutritivo e creazione di cooperative multifunzionali, gestite dalle donne più povere dei villaggi.
“Il raccolto dei due anni passati è stato poverissimo e non avevamo più cibo” dice Ayalew, contadino residente nella kebele di Metaya. “Per comprare da mangiare ai miei quattro figli, abbiamo contratto un debito con la banca. Non avevamo più niente e anche gli animali stavano morendo”. Seduti al suo fianco, altri cinque uomini annuiscono, due di loro sono ciechi da un occhio, quasi sicuramente conseguenza di un tracoma.
“Quest’anno, da 25kg di semi che ci sono stati forniti da CVM insieme a dei consigli per la coltivazione, siamo riusciti a raccogliere 5 quintali di ceci. Abbiamo trattenuto per noi il necessario per 6 mesi, 50kg da ripiantare il prossimo anno e con il ricavato dalla vendita io e mia moglie abbiamo ripagato il debito e acquistato il materiale necessario per mandare a scuola i nostri figli”.
Alcune donne e bambine, alle loro spalle, stanno raccogliendo acqua dalla fonte che hanno appena terminato di costruire e ci ascoltano attente mentre continuano a pompare acqua nelle loro taniche. Anche loro ci tengono a testimoniare il cambiamento e ci raccontano come prima dovessero percorrere 4km a piedi più volte al giorno per poter trovare acqua mentre ora ne bastano la metà e l’acqua è pulita.
Solo quest’anno, 5.723 persone hanno avuto accesso all’acqua potabile; quarantadue persone hanno ricevuto corsi di formazione in manutenzione delle fonti, malattie idro-trasmissibili e igiene;
quaranta donne hanno avviato due cooperative multifunzionali in cui svolgere diverse attività generatrici di reddito; 4118 famiglie (15.416 persone in totale) di 20 diverse kebele hanno ricevuto e piantato nuove sementi.
Certo, si è fatto tanto e il miglioramento delle condizioni di vita delle persone coinvolte è tangibile, evidente. Ma non è ancora abbastanza: altre migliaia di persone residenti nelle stesse zone sperano ancora in un futuro migliore.
Elisa Pasquini, Servizio civile Etiopia