UNA VITA, UNA STORIA: Tiblet e Hana
Tiblet e Hana sono due bambine di strada, rispettivamente di 10 e 9 anni.
Sono delle bambine, minorenne che vivono in strada. Anche se hanno delle famiglie questa non è per loro una scelta, bensì una necessità.
Hana ha perso suo padre, sua madre è gravemente malata e ha altre tre sorelle più piccole. Tiblet ha entrambi i genitori e tre fratelli, ma in quanto sorella maggiore sente la necessità di provvedere a sostenere economicamente la sua famiglia.
Hana e Tiblet cercano di supportare le loro famiglie vendendo patatine per la strada, specialmente durante l’orario serale nei pressi delle “alcholic place”, ovvero luoghi in cui la concentrazione di locali e raduni di gente rende più proficua la vendita di questi alimenti.
È inutile dire che la strada, sia giorno che di notte, non è un posto per dei minori, tanto più per delle bambine, minori e donne.
Ci raccontano della paura e del freddo che le affligge, di come il buio e alcune persone le spaventino, ma anche di come non abbiano scelta.
Le loro vite sono intrecciare alla logica della violenza, una violenza strutturale, che anche se non si traduce in un diretto e chiaro atto violento- di un carnefice che perpetra violenza su un soggetto- affligge le loro vite partendo dalla struttura sociale stessa.
È violenza la negazione del loro diritto ad essere bambine, non poter andare a scuola, è violenza non poter avere scelta, dover temere più di altri il buio perché donne.
Sono piccole ma hanno mani grandi; hanno mani fibrose e forti, testimoni e artefici di tutti i lavori svolti. Sono mani allenate a sopportare il peso delle responsabilità, mani giovani divenute troppo presto lavoro.
Come tutti i bambini però hanno anche grandi sogni e saranno forse quelle grandi mani, un giorno, ad edificarli: Hana sogna di diventare medico, mentre Tiblet sogna di avere una bella casa dove poter stare con tutta la sua famiglia.
Giorgia Ricci
Volontaria in Servizio Civile Etiopia