Donne nella migrazione illegale: come inizia la tratta e il traffico di esseri umani.
Migrare è un diritto.
Eppure, per noi che viviamo del privilegio di poterlo fare senza quasi interrogarci su quanto sia prezioso questo diritto alla mobilità, viene molto difficile mettersi nei panni di chi tutto questo non lo può fare se non illegalmente. Quando il diritto viene meno si fa strada l’illegalità e con essa i canali, fatti di persone e rotte, che la rendono tale.
Le donne che migrano provengono molto spesso da zone rurali dall’Etiopia e questo significa che sono cresciute con un basso grado di istruzione perché la loro prima necessità è soddisfare bisogni primari, come acqua e cibo, e svolgere ruoli di cura relegati alla sfera domestica. Il loro background incide significativamente sulla scelta stessa della migrazione: poche prospettive, poca consapevolezza del loro stesso valore, e forte senso di responsabilità e dovere nei confronti della famiglia. Molto spesso le ragazze vengono a conoscenza di possibilità economicamente proficue attraverso la migrazione illegale mediante conoscenti, familiari e vicini che per via diretta o indiretta conoscono o raccontano di qualcun altro che intraprendendo la migrazione, specialmente verso i paesi arabi, ce l’ha fatta e ora può provvedere a sostenere la famiglia mandando soldi.
D’altra parte c’è anche chi è a conoscenza dell’esistenza dei canali di migrazione legale, ma dobbiamo ora chiederci: la migrazione legale è qualcosa di fruibile per tutti? Assolutamente no. È economicamente insostenibile per chi come dicevamo prima, deve soddisfare bisogni primari che non presuppongono la possibilità di risparmiare abbastanza per sostenere una simile spesa economica. Ci sono poi questioni burocratiche a cui far fronte, come documenti, visti, permessi e molto spesso nelle zone rurali non si è registrati all’anagrafe, né tanto meno si possiedono documenti.
Vien da sé comprendere come i canali legali siano spesso un privilegio, o comunque un percorso tortuoso da intraprendere.
Entrano dunque nella scena coloro che cooperano a fare della migrazione illegale la rotta preferenziale: i broker che nel settore della migrazione illegale sono una fitta rete molto difficile da debellare. Sono persone appartenenti alla comunità stessa e per questo spesso percepite come fidate e credibili, promettono e raccontano di storie di successo, di chi grazie a loro ha raggiunto qualche paese arabo e ora ricopre una posizione economicamente vantaggiosa. Ovviamente tutto questo ha un prezzo e prendersi la responsabilità di “traghettare” una ragazza verso il sogno promesso è chiaramente dispendioso e per questo viene richiesto un pagamento che possa compensare tale responsabilità e servizio.
Come anticipato, molto spesso le famiglie non hanno soldi sufficienti a coprire questa spesa, ma un broker non è una banca e quindi molto spesso lo scambio può tradursi con la vendita di bestiame e/o terra. La famiglia stessa stipula dunque un accordo con il broker; non è più semplicemente un accordo tra due individui, è la famiglia che paga per la propria figlia e per il suo futuro di donna nonché per quello dell’intera famiglia.
Il suo eventuale fallimento non sarà dunque personale, bensì collettivo; se lei fallirà, avrà messo in ginocchio l’intera famiglia.
Dai dati raccolti dalle nostre beneficiarie il pagamento, sia esso in buoi, terra, o contanti, si traduce molto spesso in un valore di 30.000 birr, che corrispondono all’incirca a 560 euro. Quindi il valore di un biglietto illegale di andata è questo? E per andare dove?
Ancora una volta la risposta alla prima domanda è negativa perché come anticipato, in nessuna rotta di migrazione il broker è uno, né tanto meno sarà sempre lui il Caronte che porterà la ragazza a destinazione. Durante la traversata, più broker si passeranno di mano in mano ragazze – ricordiamoci che le traversate non sono mai pensate per un solo individuo ma per gruppi di donne, uomini e bambini il che rende economicamente proficua l’operazione – e ogni passaggio verrà ritrattato il prezzo iniziale, richiedendo rate aggiuntive, pagamenti che se non trovano riscontro possono tradursi in violenze e futuri soprusi.
La destinazione? Molto spesso chi parte ha delle aspettative sul luogo di arrivo. Sicuramente l’Arabia saudita è una delle mete più allettanti poiché intorno ad essa nel tempo si sono sedimentate storie di ricchezza e successo. Purtroppo la destinazione può non corrispondere alle aspettative.
Alcune ragazze non escono mai dall’Etiopia stessa; il semplice fatto che si parli un’altra lingua (ricordiamo che l’Etiopia è un paese fortemente plurilingue e multi-etnico) può facilmente ingannarle nel credere di essere uscite dai confini del loro paese e possono passare mesi o anni prima di scoprire la crudele verità.
In altri casi, per pagamenti mancati o vari impedimenti nel percorso, si ritrovano bloccate in paesi ben diversi da quello di destinazione.
In queste traversate i broker sono coloro che speroneranno il migrante nella notte quanto rallenta il ritmo, quando stanco si fermerà per riprender fiato. Sono coloro che scommettono su chi tra le ragazze ha il più bel viso, e chi merita dunque di perdere il sorriso. Sono coloro che abbandoneranno queste ragazze in un paese sconosciuto, dove il caffè non ha più lo stesso colore e odore di quello delle loro case, dove le persone parleranno altre lingue e dove si troveranno del tutto impreparate ad affrontare ciò che accadrà. I broker torneranno alle loro stesse case e a quelle delle famiglie delle ragazze a cui continueranno a raccontare belle storie, e a giustificare, quando serve, l’assenza di chiamate o dei proventi promessi.
È così che la migrazione, che durante il viaggio si è fatta traversata, diviene tratta e traffico di umani.
Le donne che tornano e che oggi sono beneficiare del nostro shelter, hanno vissuto tutto questo, se non molto di più. Tornano e si cuciono nuovi sorrisi e passate ferite, mentre chi le ha tradite e ingannate continua a traversare.
Giorgia Ricci
Volontaria in Servizio Civile Universale
CVM Etiopia