Giulia e l’acqua per sopravvivere a Bonga: “ho scoperto cosa vuol dire avere un rubinetto”
“…la mia casa è a secco e lo rimarrà fino alla stagione delle piogge, per cui ogni 2-3 giorni vado a riempire un secchio da 20 litri. Ho scoperto che con circa 40 litri d’acqua in una settimana posso lavarmi, cucinare, lavare stoviglie e bucato, non l’avrei mai detto dopo 30 anni di vita in Italia, dove aprendo il rubinetto esce tutta l’acqua che voglio….”
Ho il permesso di entrare nel cortile di Alemayu a qualsiasi ora e rifornirmi di acqua. Qui a Bonga basta spingere il cancello per entrare nelle case, non ci sono molte serrature. La zona in cui abito è la più alta del paese, si chiama Mishin per via della Missione Cattolica (mission in inglese). L’acquedotto cittadino ci arriva, per cui alcune case hanno un rubinetto in cortile (quelle in cui la tubazione arriva fin dentro casa per la cucina o il bagno sono pochissime, forse nessuna), molti altri invece vanno a riempire le taniche a una fontana costruita recentemente. Io non ci posso andare per il momento, dovrei andare all’Ufficio dell’Acqua e pagare l’apposita tariffa, non mi sono ancora organizzata, per cui….dal vicino! Ieri mentre aspettavo che il mio secchio si riempisse quest’uomo anziano, con radi capelli bianchi, è venuto a farmi compagnia. Mi ha raccontato che è nato ad Addis Abeba, ma la sua famiglia è originaria del Nord dell’Amara. Insegnante lui e la moglie, 5 figli di cui oggi due in America…
…un’insegnante etiope oggi prende poco più di 50 euro al mese, lo stretto necessario per vivere. Alemayu sottolinea un po’ il suo trasferimento dalla capitale anche perchè la maggior parte delle persone nate e cresciute a Addis non verrebbero qui molto volentieri, e chissà com’era questa cittadina negli anni ’70, senza strade, senza luce, senza telefono, senza dottori o medicine… Oggi io ci vivo bene perchè posso comunicare facilmente con il resto dell’Etiopia attraverso il telefono, e con il resto del mondo attraverso internet, ma appena fuori del centro abitato di Bonga non funziona ancora nulla di tutto ciò. E soprattutto, motivo per cui sono qui, la quasi totalità degli abitanti della zona rurale della Kaffa tuttora si rifornisce di acqua presso pozze, torrenti o comunque fonti non sicure”.
Giulia Baldissera