
Africa, cooperazione e futuro: la visione dell’Italia
Intervista a Riccardo Rusconi, Direttore dell’Agenzia Italiana per la Cooperazione allo Sviluppo AICS
di Asmae Dachan
Etiopia e Tanzania sono due dei Paesi in cui opera l’AICS. Quali sono i risultati più significativi registrati?
La Cooperazione italiana in Etiopia vanta una storia fatta di decenni di lavoro capillare in cui è intervenuta in supporto della società e delle Autorità locali, analizzando profondamente i bisogni del Paese e aiutando le istituzioni nella promozione di uno sviluppo sostenibile e inclusivo. I risultati riguardano più settori. Il nostro impegno ha sostenuto la ricostruzione di strutture ospedaliere danneggiate dal conflitto e il rafforzamento dei servizi di salute materna, infantile e mentale. Parallelamente abbiamo promosso la resilienza nel settore agricolo, centrale per l’Etiopia, sostenendo lo sviluppo sostenibile di filiere strategiche come il caffè, il grano e l’avocado. In un’ottica di intervento su tutti i segmenti dello sviluppo sostenibile e inclusivo, inoltre, l’Agenzia sta lavorando alla gestione integrata dell’acqua che rappresenta una risorsa chiave per il futuro del Paese. Infine, stiamo supportando le Autorità locali nella promozione dell’Etiopia come meta eco-turistica.
Per quanto riguarda la Tanzania, proprio quest’anno abbiamo celebrato i 60 anni dalla firma del primo accordo bilaterale di cooperazione economica e tecnica con l’Italia, avvenuta nell’agosto del 1965, e che ha posto le basi per un partenariato solido. Oggi siamo entrati in una fase più matura e strutturata di questo partenariato con la designazione della Tanzania come Paese prioritario per la Cooperazione Italiana, ai sensi del cosiddetto “Documento Triennale”, e per il Piano Mattei per l’Africa. Si tratta di un riconoscimento importante che conferma il rinnovato impegno dell’Italia a fianco di un partner in crescita e che si traduce in un portafoglio di iniziative approvate per oltre 42 milioni di euro, di cui oltre 12 gestite dalle numerose organizzazioni della società civile italiane presenti sul territorio che contribuiscono a rafforzare l’impatto del nostro lavoro.
Quanto conta sostenere la crescita e l’indipendenza delle donne per lo sviluppo delle comunità rurali più povere?
Sostenere la crescita e l’indipendenza delle donne, in particolare nelle aree rurali e più povere, non è solo una questione di giustizia sociale: è una condizione imprescindibile per lo sviluppo sostenibile e inclusivo. La legge italiana sulla cooperazione e le nostre linee guida fissano obiettivi chiari: dedicare risorse specifiche all’empowerment femminile e integrare l’approccio di genere in tutti i nostri interventi. Nei contesti rurali le donne sono spesso il cuore delle economie locali, pur senza un riconoscimento formale. Per questo i nostri progetti non si limitano all’assistenza, ma creano percorsi di autonomia economica, inclusione sociale e partecipazione attiva. Lo facciamo in molte aree del mondo: dal sostegno alle filiere agricole guidate da donne in Albania, ai programmi in Giordania e Cuba, fino agli interventi nei Paesi più fragili, dove le donne diventano protagoniste della resilienza delle comunità.
È il caso dell’Etiopia, in cui le donne sono il centro delle comunità, soprattutto nelle aree rurali: il loro lavoro garantisce buona parte della produzione agricola e il sostentamento familiare, ma spesso dispongono di risorse scarse, e così anche i diritti si contraggono. Fornire alle donne accesso alla terra, al credito, alla formazione tecnica e al controllo delle risorse generate significa innescare un circolo virtuoso che migliora immediatamente nutrizione, salute e educazione dei figli, trasformandole da beneficiarie in agenti di cambiamento attivo. Per questo, tutti i progetti della Cooperazione italiana includono componenti di genere ed empowerment femminile, investendo nella formazione, nell’imprenditoria e nella partecipazione ai processi decisionali. Sosteniamo cooperative femminili nei settori agricoli e della trasformazione alimentare, oltre a cluster produttivi di lavorazione della pelle – settore in cui sono impiegate molte lavoratrici donne – dove promuoviamo formazione tecnica, condizioni di lavoro migliori e accesso al microcredito. Parallelamente, rafforziamo servizi di prevenzione e supporto per le sopravvissute alla violenza di genere, offrendo strumenti concreti per autonomia, sicurezza e resilienza.
In Tanzania stiamo assistendo a un progressivo miglioramento della condizione femminile, con l’elezione della Presidente Samia Suluhu Hassan che ha segnato un punto di svolta simbolico. Tuttavia, nelle comunità più remote persistono pratiche discriminanti e nocive. La Cooperazione italiana è attiva nel settore sanitario per migliorare l’accesso ai servizi di salute materno-infantile e, insieme a CVM, portiamo avanti programmi di promozione dei diritti dei lavoratori, con particolare attenzione alle lavoratrici domestiche e alle vittime di tratta. Anche qui, sostenere la crescita e l’indipendenza delle donne, specialmente nelle fasce più svantaggiate, si traduce in un impatto trasformativo sull’intera società, migliorando la qualità della vita delle famiglie e costruendo quindi comunità più resilienti ed inclusive.
In sintesi, puntare sulle donne significa rafforzare la sicurezza alimentare, la crescita economica e la stabilità delle comunità. È per questa ragione che vediamo l’empowerment femminile non solo come un tema trasversale, ma anche come una vera e propria leva strategica di sviluppo.
La tutela dell’ambiente è sempre più connessa allo sviluppo sociale ed economico. Quali iniziative porta avanti l’AICS in Etiopia e Tanzania?
In Etiopia lavoriamo su programmi di adattamento climatico, introducendo sistemi di irrigazione efficienti, pratiche agricole sostenibili e riforestazione. Sosteniamo, inoltre, l’uso di energie rinnovabili e la tutela delle risorse naturali, promuovendo modelli agricoli a basso impatto. L’obiettivo è ridurre la vulnerabilità delle comunità verso eventi climatici estremi e rafforzare sicurezza alimentare e crescita economica. Soprattutto supportiamo il Governo etiope in progetti di gestione integrata delle risorse idriche, in un Paese caratterizzato da importanti bacini che offrono opportunità di generare energia pulita e di garantire l’approvvigionamento idrico a milioni di persone.
In Tanzania, dove le conseguenze del cambiamento climatico si manifestano con siccità e inondazioni, la Cooperazione italiana opera utilizzando un approccio integrato, intervenendo sul nesso ambiente e sviluppo, promuovendo pratiche agricole sostenibili e resilienza climatica, oltre ad interventi per la riduzione del rischio di disastri. Proprio su quest’ultimo punto, nel giugno 2024, ho avuto il piacere di inaugurare la prima “Situation Room” della Tanzania nella capitale Dodoma, finanziata dall’Italia e realizzata con UNDRR e Fondazione Cima, che si pone come obiettivo di potenziare il sistema di allerta precoce per eventi catastrofici. Inoltre, stiamo attualmente supportando due iniziative per migliorare l’adattamento ai cambiamenti climatici: la prima, realizzata da Regione Lombardia, si concentra su formazione e pratiche di agricoltura sostenibile nella zona compresa tra la regione di Arusha e l’Isola di Pemba (nell’arcipelago di Zanzibar); la seconda si rivolge alle comunità pastorali, sempre nella regione di Arusha, per migliorare l’accesso all’acqua e incrementare l’utilizzo delle energie rinnovabili ed è realizzata dall’Istituto Oikos.
Quali sono le opportunità maggiori che il Piano Mattei offre ai Paesi interessati?
Il Piano Mattei ha rilanciato l’approccio verso un partenariato paritario tra l’Italia e i Paesi africani, con focus specifico su educazione, agricoltura, energia e infrastrutture.
In Etiopia, Paese prioritario e con una lunga tradizione di cooperazione, quest’impostazione si traduce nella creazione di lavoro qualificato, nella valorizzazione delle filiere locali, nel miglioramento della sicurezza alimentare attraendo investimenti sostenibili e favorendo la formazione di partnership pubblico-private. Una dimensione importante, infatti, riguarda proprio il coinvolgimento del settore privato, che può diventare un motore di sviluppo inclusivo se ben integrato con la cooperazione pubblica.
In Tanzania ha significato un ulteriormente rafforzamento del partenariato già esistente, puntando su energia pulita, formazione professionale, agricoltura, infrastrutture, digitalizzazione e inclusione economica. Per il Paese significa poter valorizzare la sua popolazione giovane ed in forte crescita, creare lavoro qualificato rafforzando il capitale umano e attrarre investimenti sostenibili. Per AICS, vuol dire rafforzare il ruolo di facilitatore tra istituzioni, settore privato e società civile. Il Piano rappresenta un’occasione unica per consolidare un modello di sviluppo equo, rispettoso e reciprocamente vantaggioso.
Il 2030 si avvicina velocemente e sembra che il raggiungimento degli obiettivi prefissati in agenda sia ancora lontano. Quali sono le vostre valutazioni in merito? Che cosa si può fare di più?
A cinque anni dalla scadenza dell’Agenda 2030 è evidente servano sforzi accelerati per ridurre le diseguaglianze, rafforzare la resilienza dei sistemi e promuovere uno sviluppo sostenibile nel senso più ampio del termine. In questa prospettiva, quale “braccio operativo” della Cooperazione e in stretto coordinamento con la Farnesina, AICS opera nei Paesi partner investendo in formazione tecnica, alta formazione e occupabilità giovanile, con impatti concreti in termini di autonomia locale, innovazione e istituzioni più inclusive. In Italia, inoltre, l’Agenzia promuove l’Educazione alla Cittadinanza Globale (ECG) e il coinvolgimento delle diaspore, per rafforzare consapevolezza e partecipazione. Solo integrando azione internazionale e mobilitazione interna sarà possibile accelerare il raggiungimento degli SDGs. Le crisi recenti – conflitti, pandemia e cambiamento climatico – hanno rallentato i progressi, rendendo difficile il raggiungimento degli obiettivi fissati dall’Agenda 2030. I progressi appaiono spesso non così omogenei e troppo lenti. È vero che le sfide restano grandi, ma la Cooperazione italiana – lavorando sul campo – ha dimostrato che i progressi concreti sono possibili. La Tanzania, ad esempio, ha ripreso una crescita economica sostenuta dopo la pandemia di COVID-19, rafforzando anche il sistema di raccolta dati per monitorare meglio gli indicatori SDG, e il Governo ha integrato questi ultimi all’interno della propria strategia di sviluppo nazionale.