“Che fine ha fatto la mia casa?” Vivere da sfollati all’Hotel Charly, Lido di Fermo.
Tornare nel proprio paese è già un passo impensabile. Andare a vedere se la propria casa è ancora in piedi o è andata irrimediabilmente perduta è qualcosa che si preferisce rimandare, procrastinare, negare nei propri pensieri. Nessuno fra gli sfollati incontrati ci è ancora riuscito.
“Me ne sono andata da Visso il 26 ottobre, dopo le scosse della sera. Il mio appartamento è dentro la zona rossa dove ora non si può più andare. Ma non voglio nemmeno chiedere, preferisco non sapere… 36 anni di vita ci ho passato in quella casa, c’è tutto, tutta la nostra vita”. Eugenia è fra le 150 persone che oggi vivono all’Hotel Residence Charly, Lido di Fermo. La Protezione Civile conta 30mila e duecento sfollati dall’inizio dello sciame sismico. 9mila alloggiano nelle strutture turistiche della costa fra Marche e Abruzzo.
Nel grande salone ricreativo del Charly ci sono uomini e donne uomini di tutte le età, bambini, novantenni. C’è chi gioca a briscola attorno a un tavolo. Chi siede sprofondando sui divani, un po’ in silenzio, un po’ scherzando coi propri vicini. Maddalena, una signora di Pievebovigliana faceva la commessa. Oggi ha perso anche il lavoro e alloggia assieme al padre Ennio nelle stanze del Charly: “Il negozio è distrutto”. Nelle Marche sono 775 le attività produttive dichiarate inagibili. Fra le persone senza più casa del Charly c’è chi ha ancora una azienda dove andare ed è riuscito a mantenere almeno la routine lavorativa. E chi, come Maddalena, può solo aspettare il ritorno alla normalità. Chissà quando, chissà come.
Poi c’è Annunziata, la più anziana. 95 anni passati a Visso come contadina, prima che tutto crollasse in una sera. Si avverte subito che è di tempra fortissima, ma la sua amarezza non ha più argini: “Una vita di fatiche e sacrifici per mettere su casa. Ora è tutto finito”. Giuliana, occhi azzurri, ha anche lei tanta voglia di parlare. “Nemmeno io so che fine ha fatto casa mia. Sono preoccupata per i miei uccellini. Chi starà dando loro da mangiare? Ricordo che quando sono scappata di casa il tremore della terra aveva spalancato tutte le ante delle finestre. Qualcuno le avrà chiuse? O i ladri sono entrati indisturbati dove ho tutto?”
Prezioso, in questo orizzonte di precarietà e incertezza, è il lavoro della Protezione Civile che coordina trasferimenti e alloggi di chi sta vivendo il duro momento di disorientamento. Mentre alcune giovani volontari tengono compagnia ai più anziani e i bambini giocano in un angolo del salone, due psicologhe preparano delle attività terapeutiche. “Insonnia, nervosismo, stato di allarme sono i sintomi più ricorrenti che incontriamo – spiegano – i più colpiti sono gli anziani e i bambini. I primi perché non vedono più nessun riscatto nel futuro, i secondi perché non riescono a spiegarsi cosa stia accadendo. Fra gli adulti chi soffre di più è chi ha perso il lavoro. Altri nutrono, per andare avanti, speranze destinate a rivelarsi vane. Dicono che torneranno a casa per Natale. Ma questo davvero è molto difficile, se non impossibile. E il risveglio da questa illusione sarà un’ulteriore brutta caduta”.