Datemi un pallone, che cambiamo questo mondo
Lo sguardo fiero, il tono di voce fermo, le idee chiare. Trent Asaye, vent’anni appena, è la presidentessa di un’associazione di donne lavoratrici domestiche etiopi di Injibara, 448 chilometri a nord della capitale Addis Abeba. È un venerdì di fine febbraio, il cielo è a tratti nuvoloso e una trentina tra ragazzine e donne che operano come domestic workers si riuniscono nella piccola sede della loro associazione per confrontarsi sulle iniziative da organizzare per l’8 marzo, in occasione della Festa della Donna, e per definire il programma delle loro prossime attività. Tutto intorno alla sede ci sono alcune bestie che brucano l’erba, baracche, strade polverose, bambini che giocano in strada e donne che setacciano il teff, il grano etiop. C’è una grande povertà, manca l’acqua potabile e la corrente elettrica arriva solo in poche case. Ci vuole coraggio per lottare in un contesto tanto difficile, ma Trent e le altre giovani ne hanno da vendere. I capelli ricci raccolti in una coda, il sorriso rassicurante, Trent coordina i lavori, illustra alle nuove partecipanti gli obiettivi dell’associazione, che punta a creare consapevolezza e progettualità tra le bambine e le donne impegnate come lavoratrici domestiche e a chiedere il riconoscimento di categoria professionale al pari di tutte le altre. Ai piedi ha scarpe da ginnastica bianche, perché la seconda parte della riunione Trent la fa fuori.
Mentre in aula Trent usa carta e penna, fuori il suo strumento di lotta in favore delle bambine e delle donne etiopi è un pallone. Trent è infatti un’atleta, ha creato una piccola squadra sportiva femminile di calcio e pratica anche la pallavolo. Dopo la riunione si improvvisa una piccola partita con un pallone e un campo presi in prestito da una squadra maschile che si sta allenando. Per alcune donne che hanno partecipato alla riunione è la prima volta, ma Trent le fa giocare, le fa sorridere, le coinvolge, riuscendo a strappare un sorriso anche a una delle iscritte vestita a lutto per la scomparsa di entrambi i genitori. “Il mio sogno”, racconta con gli occhi che sprigionano entusiasmo, “è diventare una grande atleta, farmi conoscere in Etiopia e, perché no, anche all’estero, così che io possa diventare testimonial delle lavoratrici domestiche etiopi, dare voce alle nostre istanze e battermi per i nostri diritti a un livello più alto. Potremo cambiare il mondo con un pallone”, aggiunge palleggiando.
L’associazione di Trent lavora in sinergia con altre realtà femminili ed è stata fondata con il sostegno della Comunità Volontari per il Mondo CVM, una Ong italiana che da anni sostiene le popolazioni africane. Con una sinergia notevole, in un contesto di povertà estrema, offre alle iscritte corsi di formazione teorico-pratica sulla gestione domestica, la sicurezza, l’igiene, la cura di anziani e bambini. Grazie al sostegno concreto – materiale, logistico e culturale – del Cvm, l’associazione trasmette a queste donne un concetto che per molte di loro è del tutto nuovo, il fatto cioè di avere, oltre ai doveri, anche i diritti. Quasi tutte le iscritte riescono infatti a ottenere un contratto di lavoro e un salario, anche se non mancano i casi in cui, invece del salario, viene elargito il mantenimento agli studi. Sono soprattutto le più giovani, alcune sono bambine di otto anni che provengono da famiglie poverissime, a prestare per qualche ora al giorno i propri servizi presso famiglie che in cambio offrono loro vitto, alloggio e il pagamento delle rette e delle spese scolastiche. “Migliorando la nostra condizione”, spiega Trent, “contribuiremo a contrastare la povertà che esiste nel nostro Paese. Più donne autonome e indipendenti economicamente ci saranno, meno bambini saranno costretti a lavorare. Oggi, purtroppo, per molte bambine e bambini il lavoro è l’unica possibilità per mantenersi agli studi e sopravvivere. Vogliamo essere le fautrici di un cambiamento sociale, culturale ed economico che darà un futuro migliore alle nuove generazioni di Etiopi. Sarei felice se lo sport potesse aiutarci a veicolare questi nostri desideri”.
di Asmae Dachan per W- ALL WOMEN MAGAZINE
Dopo la pandemia molte donne etiopi che lavoravano all’estero, in particolare in Libano e nei Paesi del Golfo, sono state letteralmente cacciate, abbandonate in strada senza nessun aiuto. Il Cvm ha contribuito al rimpatrio e all’assistenza materiale e psicologica di centinaia di donne che erano in Libano. Per sostenere le attività e aiutare queste donne visitate il sito: www.donazioni.cvm.an.it |