Estate nell’inverno dei diritti
di Asmae Dachan
Come gli adulti, anche i bambini guardano i notiziari e si fanno domande. Perché, perché si fanno le guerre e si uccidono innocenti? Perché gli adulti usano la violenza? Perché ci sono persone che vengono affamate fino alla morte? Non c’è nessun adulto capace di dare una risposta sensata alla realtà della prevaricazione del male sul bene, del buio sulla luce, della negazione sui diritti.
Stiamo vivendo l’ennesimo periodo storico dove proprio i diritti sono diventati una chimera, nonostante ormai in molti Paesi del mondo siano stati riconosciuti come fondamento del vivere umano e sia stata riconosciuta la loro natura universale. L’immagine dei bambini ridotti pelle e ossa a Gaza e in Tigrai, non a causa di carestie, ma per la deliberata volontà di affamarli, farli soffrire e provocarne la morte, è l’inverno di tutti i diritti umani e della nostra stessa civiltà. Le loro sono morti silenziose, che quasi non disturbano e non distolgono dal desiderio di godersi la bella stagione, il sole, il mare, il tempo libero. Ovunque nel mondo le persone più fragili e vulnerabili sembrano vivere in punta di piedi, ai margini della società e questo spesso le consegna al dimenticatoio, come se le loro esigenze e il loro diritto alla vita non fossero un fondamento e un bene per l’intera umanità. A nord dell’equatore stiamo vivendo un’estate che si prospetta torrida, ma che verrà vissuta intensamente perché attesa e desiderata, senza pensare che anche questo caldo è un problema perché provoca disastri ambientali e genera milioni di migranti climatici in fuga da condizioni ostili.
Si guarda sempre di più all’immediato, a ciò che risulta facile, che non ci chiede sacrifici, né rinunce, anche quando questi vadano in favore di un bene più grande. Ma l’umanità è come una famiglia, come un unico corpo dove se fa male una parte, l’intero organismo ne risente e questa estate nell’inverno dei diritti umani non può trovarci indifferenti e distratti. Il prossimo è nostro fratello, il prossimo siamo noi.
«Ci siamo resi conto di trovarci sulla stessa barca, tutti fragili e disorientati, ma nello stesso tempo importanti e necessari, tutti chiamati a remare insieme, tutti bisognosi di confortarci a vicenda» ci ha insegnato Papa Francesco.