Giornata Internazionale contro la violenza sulle donne
Il 25 novembre è la Giornata Internazionale contro la violenza sulle donne stabilita dall’Assemblea Generale delle Nazioni Unite nel 1999. In questa giornata sono tantissime le iniziative volte a garantire e diffondere una sempre maggior sensibilizzazione e informazione della popolazione su questo tema.
La questione non è affatto circoscritta, la violenza di genere infatti è un problema di proporzioni immense e il 2013 è stato un anno nero per i femminicidi, con 179 donne uccise, in pratica una vittima ogni due giorni. Rispetto alle 157 del 2012, le donne ammazzate sono aumentate del 14%. Ad aumentare anche le violenze in ambito familiare, +16,2%, passando da 105 a 122, così come pure nei contesti di prossimità, rapporti di vicinato, amicizia o lavoro, da 14 a 22. Rientrano nel computo anche le donne uccise dalla criminalità, 28 lo scorso anno: in particolare si tratta di omicidi a seguito di rapina, dei quali sono vittima soprattutto donne anziane. A rilevarlo è l’Eures nel secondo rapporto sul femminicidio in Italia, che elenca le statistiche degli omicidi volontari in cui le vittime sono donne.
Anche CVM si impegna a far sì che la violenza di genere non passi in secondo piano e cessi di essere una realtà quotidiana, mantenendo viva l’attenzione sulla questione, specificando che quando si parla di violenza contro le donne non sempre parliamo solamente di quella fisica ma spesso si tratta di violenza psicologica, molto più difficile da individuare e da scardinare.
CVM ha già affrontato il problema in diverse occasioni e anche quest’anno propone un’iniziativa volta ad informare e a sensibilzzare il pubblico sul tema della violenza e dei diritti delle donne. L’evento si terrà il prossimo 12 dicembre 2014 nella Tenuta Sant’Elisabetta a Fermo e affronterà la questione sia dal punto di vista nazionale e internazionale, parlando dei diritti delle donne in Etiopia e in Tanzania, dove CVM opera.
“Quando sono arrivata nel pomeriggio del giorno prima, l’avevo vista seduta a un tavolo dello stesso bar in cui ora serve. Accanto a lei c’era già una bottiglia di birra vuota. Una di una lunga serie. E’ rimasta lì tutta la sera a perdere il suo tempo, a consumare le ore di una vita che pare non aver senso. La sera voleva che un cliente del locale le comprasse un libricino che un venditore ambulante proponeva assieme ad altra mercanzia di dubbia utilità. Farsi fare un regalo, ho pensato seguendo la scena, doveva essere un modo per provare anche per un solo istante l’ebbrezza disperata di un briciolo d’amore.Di questa ragazza non so nulla. Non so da dove viene, né se mai ha avuto un sogno. L’ho osservata e ripenso a lei come a una fotografia all’incontrario… l’immagine sta diventando “macchia”. La sua immagine sembra essere lo specchio di una vita che invece di diventare più definita, sta perdendo forma e via via si fonde e confonde nello sfondo fino a venir fagocitata dal contesto. Nei miei seguenti passaggi a Lugoba non l’ho più vista o forse semplicemente non l’ho riconosciuta. Dopotutto Pili, come tante altre ragazze nate nei villaggi del distretto di Bagamoyo, non è che una delle molte comparse nel grande film della vita. Le si nota solo se si impara a dare significato ai dettagli in secondo piano.”Veronica WeffortVolontaria Servizio Civile in Tanzania