Il fuoco amico del carcere di Sawla. Come in Etiopia il biogas ha aiutato i detenuti
Migliori e più sicure condizioni di lavoro nelle cucine della prigione. Aria più pulita e meno viziata in tutto l’ambiente. Riduzione delle infezioni trasmesse dall’acqua contaminata. Risparmio e autosufficienza energetica. L’impianto a biogas realizzato tre anni fa dagli operatori di CVM ha portato numerosi benefici al carcere di Sawla. Ora si tratta solo di studiare per perfezionarlo ancora e sfruttarne tutte le potenzialità.
Il carcere di Sawla si trova nell’omonima cittadina, nella zona del Gamo Gofa, in Etiopia. È stato costruito nel 1962 dal governo e al giorno d’oggi è abitato da circa mille settecento prigionieri, uomini soprattutto. Ma anche settanta cinque donne, e fra queste molte mamme che crescono i propri bambini, più di venti, fra le pareti delle stanze dormitorio. La prigione di Sawla copre 9 woreda (municipalità), per un’area che si estende per un raggio di 150 km.
In questo ambiente dove si vive gomito a gomito, nel fango, fra le lamiere, in spazi affollati, il biogas di CVM permette di migliorare notevolmente la vita dei carcerati.
Il biogas è un gas naturale prodotto attraverso un processo biologico, la digestione anaerobica. Si ottiene raccogliendo sostanze organiche prodotte nell’ambiente – feci umane o reflui zootecnici – che vengono decomposte in metano. L’impianto è costituito da una camera di digestione, per intenderci un grande serbatoio interrato, collegato a monte direttamente alle latrine degli uomini e ad un’apertura, nella quale quotidianamente un addetto del carcere aggiunge il letame prodotto da 9 bovini. Ogni giorno vengono immessi nell’impianto circa 300 kg di matrici organiche.
Il materiale di scarto giunge in questa camera, dove il processo di decomposizione porta alla produzione di metano, che viene allontanato da un tubo diretto alle cucine, mentre la frazione organica rimanente nella camera, viene successivamente stoccata all’esterno dell’impianto. Quest’ultima diventa fertilizzante (tipo compost) per i campi dedicati alla coltivazione del cibo dei detenuti e una parte viene regalata agli agricoltori vicino al carcere. L’amministrazione della prigione ha intenzione, una volta portato a regime l’impianto, di vendere la maggiorazione di compost prodotto, e di reimpiegare le entrate per le attività ricreative dei carcerati.
Con la creazione di biogas si smaltiscono rifiuti che altrimenti possono inquinare le falde acquifere della zona, sia del carcere sia della intera cittadina di Sawla, procurando infezioni. Laddove esse infatti vengono eliminate, si registra una diminuzione delle malattie portate dalle acque contaminate. Inoltre col biogas si abbattono fortemente gli odori prodotti dalle latrine, che rendono la vita dei detenuti anche più dura.
L’energia del biogas è più salubre per chi la usa. Essa, come dicevamo, è destinata alle cucine dove lavorano le donne detenute. Purtroppo qui viene ancora utilizzata la legna, nonostante il biogas permetta di ridurne l’impiego del 50%. La progressiva diminuzione della legna è importante, perché il fuoco ligneo causa alle donne bruciori agli occhi e alla pelle, il fumo problemi di respirazione e ritardi nel ciclo mestruale. C’è poi l’affaticamento dovuto alle elevate temperature delle sale.
Il nuovo impianto è economicamente sostenibile, perché dal biogas si può produrre elettricità e calore, attraverso un processo chiamato cogenerazione. Sfruttando questa combustione, il carcere è completamente autosufficiente dal punto di vista energetico, con conseguente grande risparmio economico. L’energia prodotta dal biogas può inoltre ridurre ulteriormente il consumo di legna, attraverso l’uso di 28 piastre elettriche, che verranno presto impiegate, utili a cucinare le circa 3400 injere preparate ogni giorno.
Tutti questi risparmi si traducono nella possibilità di investire in nuove attività ricreative, come la tessitura, la lavorazione del metallo e del legno, per i carcerati. E di migliorare così le loro condizioni di vita. Con molto orgoglio il comandante afferma che il carcere di Sawla è la prigione più virtuosa, rispetto alle altre 23 presenti nelle Southern Regions dell’Etiopia. Sicuramente CVM con la costruzione dell’impianto di biogas ha facilitato questo traguardo!
Chiara Costamagna – Volontaria CVM in Etiopia e agronoma.