
Il ritorno a scuola: tra sogni, ostacoli e ingiustizie
Settembre, in molte parti del mondo, è il mese in cui le scuole riaprono le porte. I bambini si svegliano presto, indossano zaini troppo grandi per le loro spalle e si incamminano verso un’aula che profuma di carta nuova e promesse. C’è chi lo vive con entusiasmo, chi con timore, chi con la speranza di un futuro migliore. In Italia, sono oltre 7 milioni gli studenti che tornano tra i banchi, ma questo rito universale non è garantito ovunque.
A Gaza, il ritorno a scuola è spesso un miraggio. I bombardamenti hanno distrutto o danneggiato quasi tutte le strutture scolastiche. Molti edifici sono diventati rifugi, e le aule, quando esistono, sono sovraffollate e prive di sicurezza. Circa 645.000 bambini sono attualmente esclusi dal sistema scolastico. Le bambine, in particolare, affrontano ostacoli aggiuntivi: la paura, le norme sociali restrittive, e la mancanza di spazi sicuri. Mandare un bambino a scuola a Gaza costa in media oltre 600 euro l’anno, una cifra che comprende materiali, supporto psicologico e infrastrutture minime. Ma il vero costo è umano: ogni giorno senza scuola è un giorno rubato al futuro.
In Etiopia, l’anno scolastico inizia a settembre, ma per milioni di bambini non c’è alcuna campanella che suona. Circa 3,6 milioni restano fuori dal sistema educativo, soprattutto nelle zone rurali e nelle regioni colpite da conflitti. Le bambine sono le prime a rinunciare: spesso costrette a lavorare, sposarsi precocemente o occuparsi dei fratelli minori. Il costo medio per garantire istruzione a un bambino è di circa 120 euro l’anno, ma ciò che manca davvero è un investimento culturale: la convinzione che ogni bambina abbia diritto a imparare, crescere, scegliere.
In Tanzania, l’anno scolastico non segue il calendario europeo: le lezioni iniziano a gennaio e terminano a dicembre, con alcune pause durante l’anno. Questo vale sia per le scuole primarie che secondarie. Le immagini parlano da sole: bambini seduti per terra, classi da 100 alunni, insegnanti esausti. Circa 2 milioni di bambini non frequentano la scuola, e anche qui le bambine sono più vulnerabili all’abbandono scolastico. Il costo stimato per mandare un bambino a scuola è di circa 150 euro l’anno, ma l’accesso resta diseguale, soprattutto nelle zone rurali e tra le famiglie più povere.
Il ritorno a scuola dovrebbe essere un diritto universale, non un privilegio. Ogni bambino che entra in aula porta con sé un sogno, una possibilità, una scintilla di cambiamento. E ogni bambina che riesce a studiare sfida un sistema che troppo spesso la vorrebbe silenziosa.
Per CVM – Comunità Volontari per il Mondo, sostenere l’educazione significa costruire ponti, abbattere muri e dare voce a chi non l’ha mai avuta. In Etiopia, il progetto STREAM – Strengthen Street Resilience in Amhara si rivolge ai bambini di strada, vittime di povertà e AIDS, offrendo loro protezione, supporto psicologico e accesso all’istruzione. Il progetto coinvolge oltre 120 minori e mira a raggiungere indirettamente più di 260.000 beneficiari, con un’attenzione particolare alle bambine e alle giovani madri. Salvare un bambino dalla strada e aiutarlo a tornare a scuola vuole dire dare a questo bambino l’opportunità di guardare al suo futuro con fiducia e con gli strumenti indispensabili per poter affrontare le tante sfide della vita.
In Tanzania, il programma Africa for Tomorrow restituisce dignità e futuro alle bambine costrette a lavorare. Grazie a CVM, molte di loro hanno potuto tornare a scuola, ricevere materiali didattici e formazione sui propri diritti. I loro sogni, spesso sussurrati a occhi bassi, oggi trovano spazio tra i banchi, dove imparano a credere in sé stesse e a immaginare un domani diverso. Una bambina istruita è una futura donna libera, indipendente, autonoma, portatrice e promotrice di diritti.
Educare è un atto rivoluzionario. E CVM, con i suoi progetti, continua a seminare speranza là dove il diritto allo studio è ancora un lusso.