In fila con le “gericans” | Vivere nella sete.
Ad Injibara da qualche settimana non c’è acqua. Cosa vuol dire non avere acqua? La fornitura pubblica continua ad esserci solo per un giorno alla settimana, dalle 2 alle 5 di mattina circa. Mulukhen, il ragazzo che lavora e vive con i miei vicini di casa, la scorsa notte era con me per riempire le taniche d’acqua delle nostre rispettive case. Alle 2 di notte le famiglie della mia zona si sono svegliate e pazientemente hanno iniziato a trasportare “gericans”, i contenitori gialli, da 25 litri ciascuno. L’acqua esce piano, è poca, è troppo poca.
Dopo tre ore siamo ancora svegli, avvolti nelle coperte (Injibara è a 2800 metri e la notte è veramente freddo), sconfortati ma in attesa paziente. Trasportiamo questi contenitori pesanti e cerchiamo di riempire taniche che non saranno mai sufficienti per coprire un’intera settimana. Frequentemente il getto d’acqua si interrompe e lo sconforto si dipinge nei volti della gente che esclama “Bismah!” “Oh mio Dio.”
Non avere acqua è qualcosa che difficilmente possiamo immaginare. Come possiamo pensare di non poter lavare i panni, di non poter cucinare, di non poterci risciacquare il viso o di dover andare a dormire con i piedi sporchi? O di dover centellinare l’acqua da bere.
In Etiopia questa situazione è frequente e molto diffusa, soprattutto ora che è in atto una grave carestia causata dalla siccità. Dalle zone più colpite scendono famiglie di agricoltori in cerca di cibo e alloggio e alloggio. Per le strade si incontrano tante donne, vestite con l’abito contadino tradizionale, sporche di terra, con i capelli arruffati e lo sguardo spento, cariche di bambini ancora più sporchi.
La rabbia che ci assale dinnanzi a questa realtà così dura si può trasformare in aiuto concreto. Non possiamo migliorare le condizioni dell’intero Paese ma possiamo provarci, possiamo fermarci e renderci più consapevoli di ciò che accede nel Sud del mondo. Sperando di poter un giorno chiedere “Wha alle?” “C’è acqua?” e sentirsi rispondere sorridendo “Alle!” “C’è”.
Laila Anton – volontaria servizio civile internazionale