Ingegno e caparbia, così Langute ha la sua nuova fonte | Realizzato il sistema di filtraggio con polvere d’ossa
A Langute, sud est dell’Etiopia, durante la siccità sette persone sono morte nei profondissimi crepacci della Rift Valley mentre andavano a prendere l’unica acqua disponibile. In quella zona, dove vivono novecento famiglie, un impianto idrico con un pozzo e punti acqua in ogni villaggio esistono già, ma l’acqua che ne esce ha alte concentrazioni di fluoruri, sostanze che creano problemi ai denti, al sistema nervoso e alle ossa, per cui l’impianto è stato temporaneamente chiuso. Poi, ecco che è arrivata la soluzione: il sistema di depurazione studiato dall’ingegnere etiope Zelalem Worku che consiste nell’utilizzo di polvere di ossa di animali il cui calcio assorbe i fluoruri dell’acqua. E così durante il 2016 CVM ha messo insieme una cooperativa di giovani donne e uomini, per insegnare loro come bruciare e lavare le ossa di animali e ottenere una polvere capace di depurare l’acqua di un pozzo profondo. Abbiamo testato insieme i primi filtri di prova e verificato che abbassassero la concentrazione di fluoruri da 8.6 a 0.1 milligrammi al litro. Prima di andarmene per tornare nell’ufficio di Addis Ababa ho abbracciato e salutato quella bella squadra senza immaginare quante cose avrebbero bloccato il lavoro, senza che io potessi fare niente.
Le ossa sono un materiale di scarto dei ristoranti e dei macelli che viene normalmente bruciato o gettato, ma nessuno era disposto a cederlo a noi a basso prezzo. Il governo, interpellato per mediare nei macelli pubblici, si è rivelato scettico sulla nostra metodologia di filtraggio. A più riprese, infatti, ha insistito per farci abbandonare il progetto e per sostituirlo con una depurazione con calce viva e solfato di alluminio, sostanze niente affatto naturali, il cui prezzo non sarebbe mai stato sostenibile per gli abitanti di quei villaggi. In seguito ad una visita governativa anche gli abitanti più anziani dei villaggi hanno iniziato ad avere forti dubbi sull’acqua che usciva da filtri fatti con le ossa; non conoscendo degli animali macellati, infatti, avevano paura di infrangere la loro religione. Mi è sembrato ad un certo punto che le cose tornassero indietro e che tutto il lavoro fatto fosse stato vano.
Ma mentre io mi occupavo di altro, qualcuno ha continuato a credere al progetto e non ha gettato la spugna. Dopo interminabili discussioni con Lia, la nostra Rappresentante Paese, i funzionari governativi si sono convinti delle evidenze scientifiche sull’efficacia e sostenibilità della nostra depurazione con polvere di ossa. I membri della cooperativa si sono occupati direttamente di trovare ossa a basso prezzo nelle città vicine in cui hanno parenti e amici pronti ad aiutarli. Il capo dei villaggi, Tesfaye, che non ha mai smesso di credere in noi, ci ha assicurato che se avessimo spiegato alla gente come e perché la polvere di ossa era in grado di pulire la loro acqua si sarebbero convinti ad utilizzarla.
Il 14 luglio abbiamo organizzato un incontro con gli anziani, i capi religiosi, la cooperativa che aveva continuato a testare l’acqua fino a quel momento e i capi degli uffici tecnici della Woreda (analogo delle nostre province). Abbiamo spiegato in modo dettagliato e comprensibile il processo per ottenere la polvere di ossa e abbiamo fatto il test dell’acqua per mostrarne la tossicità, e piano piano tutti si sono convinti della bontà del trattamento. Ma ciò che davvero ha fatto la differenza più che le tante parole è stato vedere Lia Romano, la ferengi (così sono chiamate le persona di pelle bianca) seguita prima da Asseged, l’autista di CVM, poi da ogni capo religioso o figura importante dei villaggi, bere un bicchiere dell’acqua che usciva dal filtro al centro della stanza. Uno alla volta, in piedi, hanno fatto un discorso, alzato bicchiere e bevuto davanti a tutti..si erano convinti ed erano quindi pronti ad aiutare la loro gente ad assemblare i filtri e ad utilizzarli per avere ogni giorno acqua pulita e facilmente accessibile.
Ora, mentre scrivo, i 900 filtri non sono ancora pronti, ma tutto dovrebbe essere ultimato per novembre. Si va avanti passo dopo passo, portando nel cuore quei momenti di grande speranza che illumineranno le parti più buie e difficili del percorso.
Elena Paolazzi – Servizio civile Etiopia