Kes Bekes. Prime impressioni da Addis Abeba.
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A distanza di una settimana dal nostro arrivo, è ancora troppo presto per tirare delle conclusioni affrettate, tuttavia, sono bastati pochi passi per le strade affollate di Addis per avere un sentore di quel senso di umanità di cui abbiamo sentito tanto parlare da chi ha vissuto l’Etiopia prima di noi. Non è semplice da spiegare, potremmo definirlo un intimo sentimento umano che traspare in molti etiopi, e non solo. Si tratta di essere orgogliosi e felici di ciò che si ha, siano delle figurine di “discutibili” popstar indiane o un invito a partecipare a una cerimonia religiosa scandita dalla melodia di una begenna. Potrebbero sembrare piccole cose ma il modo in cui vogliono condividerle con te, ferenji (il termine con cui i locali definiscono gli stranieri), è qualcosa di umano, altra definizione non esiste. In condizioni di vita complicate, non si nega mai un saluto e un sorriso, ciò che permette agli uomini di comunicare e di avvicinarsi.
É con questo spirito che gesticolando abbiamo gustato la nostra prima injera, abbiamo partecipato alla cerimonia del bunna (caffè in amarico) ma soprattutto abbiamo fatto conoscenza del nostro luogo di lavoro. Un ambiente avvincente e dinamico, ricco di persone che remano verso la medesima rotta. Adesso tocca a noi inserirci in questa nuova realtà, senza paura e con la voglia di dare un aiuto importante a una causa che tutti noi consideriamo una priorità: contribuire al riscatto di parti vulnerabili della popolazione per permettere loro di vivere la vita con maggiore diginità. Non vediamo l’ora di partire per le nostre destinazioni, Bonga e Debre Markos, per conoscere lo staff che ci guiderà in questo anno ricco di eventi e momenti. Certamente le intense lezioni di Jonas, il nostro astämari (insegnante) di amarico, ci daranno un aiuto per approfondire la conoscenza dei locali e delle loro tradizioni.
Alleggerendo i toni di questa testimonianza, vorrei terminare con un buffo aneddoto che ci ha fatto riflettere. Pochi giorni fa, mente passeggiavamo per Addis, un gruppo festoso di bambini ha richiamato la nostra attenzione chiamandoci a gran voce “China! China!”. Non riuscendo a capire la ragione abbiamo chiesto informazioni. Ci hanno spiegato che qui in Etiopia, visto l’elevato numero di persone di origine asiatiche, accade spesso che i locali non colgano alcune differenze tra un occidentale e un orientale. Solo ieri sorridevo chiedendomi come fosse possibile scambiare due tratti somatici così diversi tra di loro eppure oggi, camminando per una delle zone più trafficate della città, un asiatico mi ha affiancato di nuovo e in quel momento, in mezzo a una folla diversa da quella che i nostri occhi sono abituati a osservare, mi sono reso conto che tutto sommato non siamo poi così diversi!
La verità è che le prospettive cambiano velocemente, l’importante è essere pronto ad accoglierne di nuove e non dar niente per scontato.
I volontari SCN CVM per l’Etiopia.