La pace è un’utopia? Giornata internazionale della pace 2023
Istituita il 30 novembre 1981 dall’Assemblea Generale delle Nazioni Unite tramite la risoluzione 36/67, la Giornata Internazionale della Pace, che si celebra il 21 settembre, nasce dalla volontà di creare un giorno all’insegna della pace mondiale e della non violenza. Il tema di quest’anno è “Azioni per la pace: la nostra ambizione per i #GlobalGoals”. Nell’occasione il Segretario generale delle Nazioni Unite António Guterres ha dichiarato «La pace è necessaria oggi più che mai. La guerra e i conflitti stanno scatenando devastazione, povertà e fame, e costringendo decine di milioni di persone ad abbandonare le loro case. Il caos climatico è ovunque. E anche pacifico i paesi sono attanagliati da enormi disuguaglianze e polarizzazione politica”.
Attualmente, secondo i dati dell’Uppsala Conflict Data Program (UCDP), un programma di ricerca sui conflitti realizzato dall’Università svedese di Uppsala, nel mondo si conta che siano in atto 170 conflitti. Non solo guerre come quelle Etiopia, ma anche scontri tra bande armate e organizzazioni criminali, ai danni delle popolazioni civili. Nel suo rapporto l’UCDP individua tre tipologie di conflitti, in base ai protagonisti degli eventi violenti. Ci sono gli State-based armed conflict, ovvero quelle crisi che si registrano quando due Stati hanno posizioni incompatibili o quando uno Stato e un’organizzazione sono in ostilità. In Europa, attualmente si registrano due guerre di questo tipo, quella tra la Russia e l’Ucraina e quella tra l’Azerbaigian e la Repubblica separatista Nogorno Karabah. I non-State conflict vedono invece il coinvolgimento di organizzazioni e bande armate, come i cartelli della droga in Messico. Infine, non meno gravi, ci sono le cosiddette one-sided violence, ovvero situazioni di violenze perpetrate da parte di uno Stato o di un’organizzazione nei confronti dei civili, come accade in Afghanistan dal ritorno dei Talebani o in Iran da parte del regime contro i suoi oppositori.
Le guerre e i conflitti provocano conseguenze nell’immediato come distruzione, morte, profughi, sfollati, ma generano anche crisi permanenti o con conseguenze nel tempo. Si pensi ad esempio alle bambine e ai bambini che non possono andare a scuola a causa degli scontri e rischiano di restare analfabeti o con un livello di istruzione molto basso. Spesso questi minorenni sono esposti a rischi gravi per la loro salute fisica e mentale come i matrimoni precoci, lo sfruttamento lavorativo o gli arruolamenti forzati. Non di rado, l’unica realtà che conoscono è quella della violenza e dell’abuso e rischiano di diventare a loro volta adulti che usano violenza sugli altri.
Aldo Capitini diceva: “Non si può dire di volere la pace e lasciare la società così com’è, con i privilegi, i pregiudizi, lo sfruttamento, l’intolleranza, il potere in mano di pochi.” È fondamentale che i diritti di tutti, a partire dai più deboli, vengano garantiti e rispettati, perché solo così si può contrastare la logica della violenza, che cresce in quegli ambienti oscurantisti e discriminanti. Oggi che tanto si parla, quasi sempre in chiave emergenziale, di migrazioni, è più che mai necessario analizzare le cause che spingono ogni anno milioni di donne, bambini e uomini a spostarsi. Viaggi in condizioni disperate, perché agli ultimi del mondo viene negato persino il diritto alla mobilità in sicurezza, il diritto ad avere i documenti necessari per migrare e ricominciare altrove una vita. Questo spinge le persone in fuga da guerre, guerriglie, apartheid, persecuzioni, discriminazioni varie e povertà ad affidarsi a viaggi illegali, in condizioni di totale mancanza di protezione. Senza dimenticare chi fugge per le conseguenze disastrose dei cambiamenti climatici. A volte si fa anche un distinguo tra i migranti, dividendoli in profughi e migranti economici, come se fuggire da Paesi dove la paga mensile, a fronte di dodici o sedici ore di lavoro al giorno è inferiore a cento dollari non sia legittimo. Ecco perché la giustizia sociale e la pace non sono concetti utopici, ma è utopico pensare che l’attuale situazione di diffusa violazione dei diritti umani possa restare invariata. La pace è legata in modo indissolubile al concetto di giustizia, ne è la premessa fondamentale.