Le guerre non dovrebbero esistere
Intervista a padre Angelo Antolini, missionario in Etiopia
di Asmae Dachan
Quali sono le premesse dalle quali partire per conoscere la situazione attuale dell’Etiopia?
L’Etiopia è un Paese che ha storicamente conosciuto grandi sofferenze provocate dalle guerre. Migliaia di persone sono morte e per generazioni si sono accumulati odio e risentimento. Quando parliamo di un conflitto, la prima domanda che ci si pone è “perché?”. Non esiste una ragione accettabile o una spiegazione plausibile alla violenza fratricida. La guerra e lo sviluppo umano, culturale ed economico sono in contrasto tra loro. I civili pagano con la paura e la povertà, sono costretti a sfollare o a diventare profughi e questo di certo non permette ai ragazzi di andare a scuola e agli adulti di lavorare serenamente e costruire il proprio Paese su basi solide.
Quali sono le condizioni dei civili nel Paese?
Lo dico con dolore, ma anche con un senso profondo di incredulità proprio per l’insensatezza delle violenze. La parola pace è diventata un sogno e non una realtà, come invece dovrebbe essere. Ci sono soprusi continui, con una parte che vuole dominare sull’altra, senza rispetto per la vita e l’incolumità altrui. La guerra in Etiopia, come tutte le altre guerre, viola le convenzioni internazionali sui diritti umani e a pagare le conseguenze sono sempre i civili. Vale la pena ricordare che su 120 milioni di abitanti, 50 milioni hanno meno di 20 anni e 70 milioni meno di 30. Stiamo parlando di una nazione di giovani e giovanissimi e questo ha il potenziale di una bomba atomica. Sono ragazzi spesso senza speranza, senza prospettive in un Paese con un’inflazione impressionante e una crisi economica senza precedenti. Il problema dei bambini soldato esiste solo in Tigrai, nel resto del Paese l’arruolamento è volontario. Il Tigrai è sempre stato una zona arida e povera, spesso nelle campagne la popolazione, nei momenti di carestia, è vissuta grazie agli aiuti governativi e con il taglio di questi ultimi si è aperta una minaccia gravissima per la popolazione. Non arrivano le medicine, le scuole sono chiuse, le comunicazioni interrotte. Il rischio che l’Etiopia arrivi ad una drammatica “balcanizzazione” del suo assetto politico si fa sempre più concreto.
Che cosa si augura per Natale?
Il mio augurio per Natale è che almeno si giunga ad un cessate il fuco generale in ogni conflitto sulla terra, e inizi il dialogo ad ogni costo. Anche se difficile, quasi impossibile, è l’unica via umana alla pace. L’odio si calcifica, si consolida nel tempo e continua a trasmettere il male. È lì che bisogna lavorare per prevenire il proliferare dell’odio stesso e delle ostilità e favorire la costruzione di nuovi canali di dialogo e confronto. Sembrerà banale, ma un’altra cosa fondamentale è smettere di vendere le armi, perché così si alimentano i conflitti in eterno. Solo Papa Francesco si pronuncia regolarmente contro la produzione e la vendita di armi, che tra l’altro sono sempre più sofisticate e dannose. Addirittura, siamo riusciti a produrre armi batteriologiche! San Paolo diceva “non dormite una sola notte sul vostro odio”, un insegnamento importantissimo perché più passa il tempo e più difficile è perdonare e riconciliarsi. Le guerre nascono nei nostri cuori, in ognuno di noi. Dobbiamo curarci, spegnere il fuoco delle tensioni e riconciliarci con noi stessi e con gli altri. Natale è curare l’odio a partire da sé stessi e da chi ci è vicino, eliminando il rancore per fare spazio all’amore e alla pace.