L’educazione basata sui valori etici della solidarietà per contrastare la violenza e il razzismo strutturale.
Un delitto preannunciato.
Alika Ogorchukwu, venditore ambulante, è stato ucciso dopo aver pronunciato la frase “Bella, compra i miei fazzoletti o dammi un euro”. La reazione di Filippo Ferlazzo è stata brutale, selvaggia: l’ha colpito prima con le stesse stampelle di Alika e poi con la violenza delle sue mani mosse da odio e da rabbia. Attorno a loro diversi passanti hanno assistito al tutto in un clima di indifferenza o ancor peggio di morbosa curiosità, tanto da usare lo smartphone non per chiamare la polizia o i soccorsi, bensì per riprendere la scena.
Il delitto di Filippo Ferlazzo – soggetto debole e già segnalato – ha radici profonde, alimentate dall’odio razzista e classista generato dalla cosiddetta “cultura dell’indifferenza” ovvero dell‘egoismo, dell’etnocentrismo e del nazionalismo più becero.
Un delitto, quindi, preannunciato.
Questo pensiero irrazionale manipola le coscienze, soprattutto dei più deboli inducendoli ad individuare l’origine dei loro mali non nella reale situazione economica o nel mancato rispetto dei diritti sociali e del walfare state, ma nel capro espiatorio di turno: ieri gli ebrei e oggi l’immigrato, il povero.
La storia si ripete.
Dapprima si genera la paura dell’immigrato, lo si accusa di provocare disordini, di portare malattie, di togliere il lavoro agli italiani, accuse che vagliate da persone veramente colte e preparate risultano false. Gli immigrati rappresentano oggi una forza lavoro che mantiene in piedi il settore dell’agricoltura visto che i nostri giovani non accettano di “spaccarsi” la schiena nella raccolta dei prodotti della terra o nella cura del bestiame; durante il lockdown molte industrie del nord hanno rischiato di chiudere i battenti per mancanza di mano d’opera.
Successivamente si fanno Ordinanze assurde come quelle di bloccare gli immigrati ai porti, di non farli entrare. Questi Decreti – privi di qualsiasi efficacia perché il flusso migratorio rappresenta un fenomeno epocale che deve essere affrontato con le strategie di una governance mondiale – vengono sbandierati in modo trionfalistico ma agli occhi di chi ha visioni etiche della vita sono aberranti forme di propaganda dell’odio e di chi nega la cultura dell’accoglienza e della solidarietà.
Il clima di indifferenza e di insofferenza per l’altro, per il “diverso”, per il nero e per il povero innesca un sistema di violenze a catena, che non possono essere contrastate da un numero più o meno cospicuo di agenti di sicurezza, perché il male va curato alle radici attraverso un processo di umanizzazione alimentato dalla cultura del rispetto, dell’empatia.
A Filippo Ferlazzo, è mancata un’autentica educazione basata sui valori etici della solidarietà. Ora sulla propria sofferenza dovrà sperimentare che nessuno di noi può star bene se fa male a qualcuno. Noi siamo l’altro e ora Filippo deve fare i conti con la sua coscienza e dovrà comprendere l’inganno che ha travolto la sua vita. Il suo gesto ha tolto un marito, un padre e lui ormai sui giornali non è che un brutale omicida. Quello che siamo è dettato dai comportamenti verso gli altri.
Nessuno ha insegnato a Filippo che la felicità di ciascuno di noi passa attraverso il bene degli altri. In questa società complessa o ci salveremo tutti o perderemo tutti insieme. Alika non era un suo nemico ma un compagno di viaggio.
Oggi occorre percorrere la via della condivisione se vogliamo tutti insieme prepararci a risolvere i problemi di questo Nuovo Millennio.
Giovanna Cipollari
Responsabile CVM della Formazione Educazione alla Cittadinanza Globale