L’Etiopia si prepara per le prossime elezioni politiche nonostante le difficoltà
Sono state fissate al 5 Giugno le elezioni generali per il rinnovo del Parlamento che si terranno in tutto il Paese ad eccezione della Regione Tigray, anche se il Covid, ragione per cui erano state posticipate nel 2020, continua ad essere presente nel Paese. Anche la congiuntura politica che l’Etiopia sta attraversando in questo momento è forse la più difficile degli ultimi anni.
Il 4 Novembre è iniziata un’offensiva militare che doveva portare alla liberazione della regione del Tigray dal controllo del TPLF che il Governo di Addis Abeba considera illegale. Il successo dell’operazione militare è oggi incontestabile anche se il prezzo pagato è molto alto e la situazione nella regione è tutt’altro che rosea.
“L’ottanta per cento del Tigray è irraggiungibile in questo particolare momento“, ha detto il presidente della Società della Croce Rossa etiope, Abera Tola, ad una conferenza stampa, aggiungendo che alcuni morti per fame sono già stati segnalati e le cifre potrebbero salire rapidamente. “Il numero oggi potrebbe essere uno, due o tre, ma sapete, dopo un mese significa migliaia. Dopo due mesi saranno decine di migliaia“, ha detto.
Ci sono grosse preoccupazioni per la presunta presenza di truppe eritree in territorio etiope e per la sorte di circa 96.000 rifugiati eritrei che vivevano in quattro campi nel Tigray prima che il conflitto scoppiasse a novembre. L’UNHCR ha accettato la chiusura di 2 campi (Shimelba and Hitsats) che sono stati distrutti e la popolazione di rifugiati dispersa. Secondo il Governo Etiope si sono rifugiati nelle città per sfuggire al conflitto nell’area, ma si teme che molti possano essere stati forzatamente riportati in Eritrea. Secondo le Nazioni Unite almeno 20.000 rifugiati mancano all’appello.
Secondo Francesco Rocca, presidente della Federazione internazionale della Croce Rossa e Mezzaluna Rossa, solo quattro ospedali su 40 sono operativi nella regione e stanno tutti affrontando gravi carenze di forniture mediche che hanno paralizzato la capacità dei medici di eseguire qualsiasi intervento chirurgico. Ha anche denunciato il saccheggio “inaccettabile” che ha devastato la maggior parte delle strutture sanitarie della regione, compreso il furto di 140 ambulanze della Croce Rossa Internazionale.
Decine di donne sono state violentate nella regione del Tigray in Etiopia, hanno confermato le autorità. “Abbiamo ricevuto il rapporto dalla nostra squadra della Task Force sul terreno nella regione del Tigray, che purtroppo ha stabilito che stupri hanno avuto luogo in modo definitivo e senza dubbio“, ha twittato il Ministro Filsan Abdullahi del Ministero delle Donne, giovedì 11 Novembre. Sebbene testimoni, medici e operatori umanitari abbiano parlato di abusi sessuali diffusi dall’inizio dei combattimenti a novembre, i commenti di Filsan sono la prima conferma anche da parte del Governo del Primo Ministro Abiy Ahmed.
IL FRONTE INTERNAZIONALE
Sul fronte internazionale preoccupano le schermaglie tra esercito Etiope ed esercito Sudanese nella regione di Al-Fashaga, dove si trovano terreni agricoli contestati al centro della disputa fra i 2 Paesi, che si estende per circa 100 miglia quadrate (259 chilometri quadrati) lungo il confine comune della frontiera nord-occidentale dell’Etiopia e del Sudan orientale.
Probabilmente è da ricollegare a questa crescita di tensione fra i due Paesi anche l’affermazione del Governo Sudanese che l’eventuale decisione unilaterale dell’Etiopia di procedere unilateralmente al riempimento della diga sul fiume Nilo il prossimo luglio sarebbe considerata come un attacco alla sicurezza nazionale. In pratica un posizionamento al fianco dell’Egitto di un attore che negli anni aveva invece cercato di svolgere un ruolo di mediazione fra Etiopia ed Egitto per il raggiungimento di un accordo multi-paese. Un obiettivo perseguito negli ultimi 10 anni anche dal precedente governo di Addis Abeba che mirava a creare un fronte unito di tutti i Paesi del bacino del Nilo finalizzato a ridimensionare le pretese dell’Egitto sull’acqua del grande fiume.
Ci sono voci anche del coinvolgimento di altri attori internazionali nelle vicende interne dell’Etiopia. Si è parlato del coinvolgimento degli Emirati Arabi, sponsor n.1 dell’accordo di pace tra Etiopia ed Eritrea del 2018, sul fatto che siano coinvolti nelle operazioni militari in Tigray. Un collegamento che è stato portato di nuovo alla luce da recenti avvenimenti in Addis Abeba dove le autorità hanno arrestato 15 persone apparentemente coinvolte in un complotto per attaccare l’ambasciata degli Emirati Arabi Uniti in Addis Abeba. Secondo il rapporto dell’Agenzia di Stampa FANA si è trattato di un gruppo coordinato dall’esterno, il leader del gruppo terroristico “Ahmed Ismael è stato arrestato in Svezia, dove è residente, come risultato dello scambio di informazioni con i servizi di sicurezza europei, africani e asiatici”.
L’ultima tegola per il Governo di Addis Abeba è la decisione di S&P Global Ratings e Fitch Ratings di declassare il debito Etiope. S&P ha detto che ha stimato le necessità di rimborso del debito pubblico dell’Etiopia a circa 5,5 miliardi di dollari nel 2021-2024. L’agenzia di rating ha aggiunto che gli effetti economici della pandemia COVID-19 hanno rallentato l’attività economica dell’Etiopia nei settori dei servizi e dell’industria, tra cui il commercio al dettaglio, l’ospitalità, i trasporti e le costruzioni.
Martedì 9 l’Etiopia ha segnalato che potrebbe essere il primo Paese con un titolo di stato internazionale ad utilizzare un nuovo piano “Common Framework” del G20. Lo schema, che è aperto ad oltre 70 dei paesi più poveri del mondo, incoraggia i loro governi a rinviare o rinegoziare il loro debito esterno come parte di un più ampio programma di riduzione del debito.
Evidentemente il giudizio di rating segna anche un giudizio politico. Indica che l’entusiasmo, almeno sul piano internazionale, per il Primo Ministro Abiy Ahmed e per le sue riforme ha superato l’apice della parabola.
Attilio Ascani – CVM