Libelle: una storia di crescita
Libelle è entrata nel progetto SPRAR di Porto San Giorgio, gestito da CVM e dalla coop RES, a novembre 2017, protetta da un gruppo di mamme che l’avevano conosciuta e presa per mano nei mesi precedenti. Ci siamo accorti presto del motivo: volere bene a Libelle è naturale.
In 10 mesi di progetto, Libelle si è dimostrata una ragazza caparbia, estremamente sensibile, guerriera, ma allo stesso tempo amorevole. Lavorare con lei ci ha arricchiti, come operatori di progetto e come persone.
La violenza, la ferocia e l’arroganza con cui viene dibattuto il tema della migrazione, in Italia, in questo momento, ci lascia amareggiati e preoccupati per un futuro sempre più povero di diritti e di umanità. Allo stesso tempo, ammirare Libelle, con il suo diploma di scuola superiore, il suo italiano perfetto con accento francese, la sua vita religiosa e la sua fitta rete di relazioni ed amicizie, ci fa pensare che l’integrazione già c’è. E non c’è violenza verbale (e non solo) che possa fermarla.
Un grande in bocca al lupo a Libelle e a tutte le persone che non possono ancora posare le proprie valigie e non hanno un posto dove crescere e respirare.
La sua intervista:
Presentati!
Mi chiamo Libelle, ho 22 anni, vengo dal Camerun, Africa centrale. Ho lasciato il mio paese nel 2015 e a quel tempo avevo 18 anni.
Cosa facevi in Camerun e come hai preso la decisione di partire?
Studiavo e nel frattempo facevo la sarta con mia madre… Non ho deciso di partire, non è stata una scelta volontaria, come dire “premeditata”, ma è stata una scelta giusta e sono dovuta scappare per sopravvivere. Sono partita ad agosto.
Quale è stato il tuo percorso per arrivare in Italia?
Il primo paese dove sono stata dopo il Camerun è la Nigeria e lì ho incontrato molti nigeriani con cui abbiamo proseguito la strada. Da lì il Niger; dopo il Niger, la Libia. Dopo la Libia, l’Italia.
Come definiresti il tuo viaggio?
Definirei il mio viaggio un viaggio di… un viaggio molto molto molto molto pericoloso; da non fare, veramente, per quanto è difficile. Un viaggio di fortuna.
Che persone hai incontrato durante il viaggio? Le hai rincontrate dopo l’arrivo a Palermo?
Ho incontrato dei nigeriani che non ho più visto; anche in Niger ho incontrato delle persone che non ho più visto; è in Libia che ho incontrato due ragazze, che ho poi rincontrato in Italia: loro sono ospiti del progetto SPRAR di P.S.Elpidio.
Racconta il periodo passato in Italia e i tanti traguardi raggiunti
Sono arrivata a Lampedusa, poi sono passata a Lapedona, dopo Monte Urano e poi PSG. A Lampedusa ho fatto solo un giorno – il tempo di fare i primi controlli e prendere le impronte; poi abbiamo preso la corriera fino a Lapedona; lì è stato fatto un controllo più specifico per chi aveva qualche malattia e che poteva essere pericoloso per lo Stato; dopo una settimana abbiamo cominciato lezioni di italiano. A Lapedona ho fatto quasi due mesi e la popolazione non sapeva tanto di noi. A Monte Urano era più bello, lì ho fatto tante amicizie, soprattutto quando ho iniziato a cantare nel coro della chiesa e a suonare. Anche le sere all’oratorio ad aiutare i bambini. Sempre lì ho iniziato il mio cammino neocatecumenale. E lì ho fatto anche la terza media…
In terza media ho incontrato una signora, Patrizia, che mi ha detto che secondo lei non avrei dovuto fermarmi con gli studi, allora abbiamo fatto l’iscrizione all’IPSIA. Lì mi hanno detto “vediamo se puoi farlo… Se riusciamo, farai l’esame di maturità, altrimenti farai la triennale”. Grazie a Dio ho potuto farlo e ho preso la maturità. A questo punto però non ero più a Monte Urano, ma nello SPRAR di P.S.Giorgio; a Monte Urano non avrei potuto farlo probabilmente perché al CAS non erano preparati.
Quali sono le qualità che ti hanno aiutato di più ad inserirti fra gli italiani? E quali quelle che ti hanno permesso di raggiungere gli obiettivi raggiunti qui?
L’umiltà e la lingua. Sapere lasciarsi insegnare e guidare ti aiuta. Trovare delle persone buone che ti mostrano la strada giusta e lo fanno con il cuore.
Chi ti ha aiutato di più nel tuo percorso in Italia?
Tante persone… senza di loro non so dove sarei stata. Sia persone da Monte Urano, anche a Lapedona (lì ho conosciuto la prima insegnante di italiano che chiamo mamma Lucia). Abbiamo legami molto forti, dall’inizio fino ad ora. A Monte Urano ho conosciuto persone per bene, sia operatori che persone fuori, con cui continuiamo a sentirci.
Chi hai aiutato tu qui in Italia?
Ho fatto il poco che potevo fare: ho aiutato come traduttrice e ho fatto piccole cose come andare all’ospedale con le ragazze che erano nella struttura con me. Ho provato. Per quelli che mi hanno lasciato fare, ho fatto.
Dove e come prosegue il tuo viaggio?
Sto per andare in Belgio. 24 h di viaggio.. arrivo domani mattina alle 6. Studierò.
Cosa porti con te dall’Italia nella tua prossima tappa?
Tante cose… che sia speciale, materiale e affetto. Tante cose che non posso descrivere… Soprattutto il dolore, perché ho lasciato quello che avevo e non so cosa mi aspetta su e ancora ricominciare, ricominciare… alla fine mi stanca. Voglio posare le mie valigie. Avere un posto dove respirare.
Ci rivedremo?
Sìììì, vengo per Natale!!