Non muri, ma ponti
Cari amici,
nella mission di CVM da sempre, proprio come recita il proprio nome, c’è quello di essere una Comunità di Volontari per il Mondo. Si tratta di una profonda e rinnovata volontà giornaliera di lavorare in rete per lottare contro qualsiasi forma di povertà ed ingiustizia sociale ed essere quello che da anni abbiamo come obiettivo, ovvero “ponte fra popoli”. Non come protagonisti, ma come facilitatori.
Nel mondo globale di oggi, purtroppo fatto ancora di forti squilibri, CVM non è che un piccolo seme, ma ancora assolutamente autentico ed unico. Lo dimostra la volontà del gruppo di soci e volontari che si sono riuniti qualche settimana fa per discutere ed analizzare insieme questo particolare momento storico e sociale in cui viviamo.
Trump a suon di tweet e dichiarazioni urlate, ci ricorda infatti che “sono ora 77 i muri importanti o significativi costruiti nel mondo, con 45 Paesi che stanno progettando o stanno costruendo muri. Oltre 800 miglia (1287 km) di muri in Europa solo dal 2015..” per avallare quella che è, a nostro avviso, una sconsiderata politica di chiusura, con il muro del Messico. Naturalmente oltre ai muri fisici poi ce ne sono molti altri, costruiti da “materiali” quali l’indifferenza e la violenza verbale e non solo, che viviamo ogni giorno nelle nostre città, nelle nostre singole comunità.
Qual è allora il ruolo di una organizzazione come CVM se non quello di servire, ascoltare, unire, sviluppare e dialogare? In una parola quale ruolo se non quello di “creare ponti”? Cementificare le relazioni, l’amore e l’apertura verso l’altro. Cercare di eliminare le frontiere, dell’umanità.
Una frase racchiude in modo semplice e diretto il senso dell’incontro avvenuto e quindi dell’opera di CVM, ovvero dei suoi volontari e soci:
“Delle idee non sappiamo fare altro che metterle in pratica“
Da qui la consapevolezza e la volontà di una comunità, che vuole essere parte di un cambiamento, parte di una rete attiva, positiva, propositiva e consapevole dell’importanza della solidarietà quale antidoto a quel meccanismo per cui l’immigrazione è sostanzialmente diventato uno “strumento di distrazione di massa“.
Le migrazioni fanno parte della storia e dell’evoluzione dell’essere umano. Considerarle solo un problema riteniamo significhi non valutare la nostra storia e soprattutto non avere consapevolezza del problema reale di questo pianeta: le disuguaglianze estreme, tra Paesi e dentro i Paesi.
Sappiamo anche che non bastano le buone intenzioni. Le argomentazioni hanno bisogno anche di fatti e per questo vogliamo fornirvi dei numeri di riferimento per avere un quadro quanto più possibile ampio che possa darci più consapevolezza.
Quella infatti di un paese, l’Italia che ha un grande bisogno di risorse, di persone, di uomini e donne, di famiglie e di comunità. Un Paese che ha bisogno di riscoprire la propria umanità, la gioia di vivere, la bellezza del condividere. Un paese che sta vedendo nei propri giovani l’altra faccia delle migrazioni, secondo i dati della Farnesina, infatti nel 2018 erano 5.114.469 gli italiani all’estero. La domanda quindi che ci facciamo e facciamo a voi amici lettori è, siamo sicuri che il problema dell’Italia è chi viene a ringiovanire un paese già vecchio? Siamo sicuri che nelle analisi “costi-benefici” tra ponti e muri, i secondi non siano nel lungo termine il vero limite del nostro genere Umano? Siamo sicuri che le migrazioni, che partano dal nostro Paese o vi arrivino, più che un problema, non siano un’opportunità da cogliere meglio per allargare le nostre relazioni, umane ed economiche, con il resto del Mondo?
Come recita il titolo di questo editoriale, come comunità di persone che parlano, dialogano e si confrontano, un’idea ce la siamo fatta.