Oltre i confini della guerra: l’impatto sulla Tanzania dell’invasione russa in Ucraina
Guerra significa riduzione delle risorse e riduzione delle risorse significa aumento dei prezzi.
L’invasione dell’Ucraina da parte della Russia sta avendo importanti risvolti non solo nel continente europeo, ma in tutto il resto del mondo – e in un contesto sempre più globalizzato, non ci si potrebbe aspettare niente di diverso. Ma qual è esattamente questo livello di impatto?
Ci troviamo in Tanzania, nel centro di Bagamoyo, durante il Ramadan, il mese sacro ai musulmani. Sono le 18:25 e, tra cinque minuti, avrà inizio l’iftar, ossia l’interruzione del digiuno. La cittadina è in fermento, dai baracchini del viale principale e delle traverse si alza l’odore di carne grigliata e banane fritte. Il nostro autista di bajaj, Faraji, è stanco dopo una lunga giornata senza bere né mangiare, ma sembra anche molto pensieroso.
Mentre guida nel traffico pomeridiano, ci racconta dei sacrifici compiuti negli ultimi mesi per mettere a nuovo il suo bajaj, molto più spazioso e veloce di quello che sta guidando adesso che, invece, è in fitto. E allora qual è il problema? Semplice: il suo bajaj consuma molto più carburante di quello in fitto e, con la recente impennata dei prezzi della benzina e del diesel, non gli è possibile utilizzarlo.
Conseguenze? In una giornata, Faraji non è in grado di avere tanti clienti quanti il suo bajaj gli consentirebbe, di fatto guadagnando di meno e dilatando i tempi di recupero dell’investimento fatto per rimettere il suo mezzo a nuovo.
La storia di Faraji è una su mille; o meglio, una su 60 milioni. I legami tra Tanzania e Ucraina e tra Tanzania e Russia raggiungono diversi settori: petrolifero, agroalimentare, turistico. La Tanzania importa dalla Russia quasi l’88% dei cereali che consuma, nonché il 13% di fertilizzanti e il 2% di combustibili minerali, oli e distillati, sostanze bituminose e cere minerali. Guerra significa riduzione delle risorse e riduzione delle risorse significa aumento dei prezzi.
Ma non finisce qui: quella russa e quella ucraina sono due delle popolazioni che alimentano maggiormente il settore turistico in Tanzania, ossia il secondo settore più importante per il Prodotto Interno Lordo del Paese, nonché la terza fonte di occupazione lavorativa per la popolazione tanzaniana. Verrebbe da interrogarsi se sia stato per questo o per spirito umanitario che, lo scorso mese, il vicepresidente Hussein Mwinyi ha dato vita a una serie di trattative con i proprietari alberghieri dell’isola di Zanzibar affinché offrissero rifugio ai circa 900 turisti ucraini rimasti bloccati sull’isola in attesa che l’Ucraina prendesse provvedimenti rispetto alla loro evacuazione all’indomani dello scoppio della guerra.
A prescindere dalle motivazioni, la mossa di Mwinyi è stata esemplare se paragonata al fatto che, durante le votazioni all’Assemblea Generale delle Nazioni Unite per la risoluzione contro l’invasione russa dell’Ucraina, la Tanzania si è astenuta dal voto, definendo il suo schieramento netto all’interno di una apparente neutralità: non scegliere è, infatti, di per sé una scelta.
I rapporti tra Tanzania e Russia si intrecciano sulla base delle relazioni di import-export e degli investimenti russi nel Paese, fondandosi però su radici storiche e politiche estremamente profonde: nel periodo di decolonizzazione del continente africano, la Tanzania era il cuore pulsante dei freedom fighters dell’Africa meridionale e a fornire i mezzi ai ribelli era proprio l’Unione Sovietica, passando attraverso l’allora capitale tanzaniana, Dar es Salaam.
E allora perché non votare apertamente a favore della Russia durante l’Assemblea Generale? Mors tua, vita mea: la crisi dell’approvvigionamento di gas nell’Europa dell’Ovest apre le porte dei mercati ai Paesi africani proprietari di vasti giacimenti di gas (e la Tanzania è il sesto Paese con i più grandi giacimenti di gas in tutto il continente).
Mentre gli investimenti che dovrebbero essere destinati ad affrontare disuguaglianze, povertà, mancanza d’istruzione e crisi climatica vengono piuttosto dirottati verso la corsa alle armi, rimane una riflessione: ciò che ne sarà del futuro dell’Europa è profonda incertezza, ciò che rimane per il futuro della Tanzania è una profonda speranza. Ma se andiamo oltre i confini di questo o di quello stato, scopriremo che l’umanità ha probabilmente fallito ancora.
Alessandra Pulzella- Volontaria CVM