Piccole comunità della val Tenna che resistono al sisma | Come il caseificio di Monte San Martino sta costruendo la sua nuova normalità
Sono appena arrivati i primi due container. Ora, un passo alla volta, si tratta di arredarli nel modo più pratico e trasformarli in rifugi. Renderli una casa calda e possibilmente accogliente, per un periodo di tempo che si spera il più breve possibile ma che potrebbe essere molto, ma molto lungo. Poi si potrà tornare a una vita un po’ più vicina alla normalità.
Paola Marchese, una delle titolari di un caseificio Azienda Bio Marchese Marino, alle porte di Monte San Martino, sulla valle del Tenna, la propria vera casa, quella fatta di stanze e arredamenti, l’ha dovuta lasciare. Perché oggi quel bell’edificio di mattoni arancio ha le pareti interne lesionato da crepe che sembrano sul punto di esplodere.
Lei, il marito Marino e nove collaboratori del caseificio hanno dovuto sospendere il lavoro che dagli anni 80, fra sacrifici e passione, portano avanti. Oggi allevano 400 pecore per poi produrre forme di pecorino e ricotta, vendute soprattutto nel circuito dei mercati equo-solidali. E, in questo Natale, anche nei cesti di prodotti CVM, offerti nella campagna 2016, tutta pensata per dare sostengo a chi ha subito il terremoto.
In una stanza del caseificio sono state disposte delle brande. Dove la sera dormono Paola, il marito Marino, i collaboratori della loro rimessa – alcuni dei quali stanno vivendo percorsi di reinserimento lavorativo e vengono dalla comunità S. Cristoforo, della zona. Al loro piccolo nucleo si è unità anche una famiglia di vicini, che vivono su una collina più in là ma che mentre la terra sotto ai piedi non smette di tremare hanno voluto stringersi insieme agli amici del caseificio. La compagnia e l’amicizia sono una ricchezza preziosissima per farsi coraggio durante le prove più dure.
È grazie agli spazi del caseificio rimasti illesi dal terremoto dove si può dormire al sicuro che questi produttori non hanno dovuto abbandonare la loro terra e la loro azienda per sfollare in una delle strutture ricettive delle zona. Mentre la campagna intorno a loro si va sempre più svuotando. Il Comune ha dichiarato inagibili 47 stabili, disseminati sopratutto fuori dalle mura di Monte San Martino. Ora ci sono anche i container, portati da un centro sociale di Senigallia, e fra poco ci si trasferirà tutti all’interno di quei moduli che la mano di un writer ha abbellito con disegni multicolore.
Abbiamo conosciuto Paola e gli altri amici del caseificio in una domenica ventosa di inizio novembre, a una settima esatta della scossa del 30 ottobre. “Appena ci saremo sistemati nei container potremo liberare dalle brande gli spazi del nostro caseificio e riprendere il lavoro – ci ha raccontato Paola – Ci vorranno anni per tornare alla normalità. Questo terremoto ci ha messo dinnanzi a grandi domande. Continuare o non continuare? Ora non ci fermiamo, sono i ragazzi intorno a me a darmi la carica per guardare al futuro. I container sistemati nell’aia della nostra azienda daranno vita un nuovo micro-villaggio. La nostra micro comunità, ancora unita, si rimodula per fare fronte all’emergenza”.
Marco Benedettelli