Saper stare al mondo, davvero
Il primo sguardo di Araya va alla tanica da riempire. La sorgente è a quasi un chilometro, da percorrere a piedi scalzi su una strada polverosa. Da quando ha otto anni ogni mattina la scena si ripete in modo identico, nella stagione delle piogge e in quella del bel tempo. Bisogna portare l’acqua a casa per lavarsi, per bere e cucinare, per lavare la biancheria, per pulire. L’acqua è fonte di vita e l’approvvigionamento è indispensabile. Sarebbe bello alzarsi dal letto e averla subito a disposizione. Si eviterebbe tanta fatica e si risparmierebbe tanto tempo. Araya trova sempre la forza di alzarsi e correre fuori casa, anche quando non si sente bene. Una volta assicurata l’acqua a casa e preparata la colazione per i padroni di casa, i suoi datori di lavoro, Araya corre a scuola. Quello è l’unico posto dove si sente libera e felice e solo lì riesce a credere fortemente che esista una speranza, che un giorno le cose potranno cambiare. In classe con Araya tante bambine e bambini arrivano già stanchi perché hanno lavorato e perché hanno camminato a lungo, spesso con i morsi della fame. Nessuno di loro, però, rinuncerebbe alla scuola. Ogni ora, ogni giorno passato lì dentro è un passo in avanti verso il futuro e anche verso la libertà da quella schiavitù che è il lavoro minorile. Ne sono consapevoli, pur essendo ancora bambini. Percorrendo in lungo e in largo le strade del loro villaggio incontrano di continuo altre bambine e bambini meno fortunati, che mangiano cercando gli avanzi di cibo tra i rifiuti, che si addormentano in posti reconditi delle città avvolti in coperte che non bastano mai, che sono soli, analfabeti, poveri e dimenticati. Nessuno di loro, tuttavia, si mostra disperato. Anche quando fanno uso di sostanze per mettere a tacere lo stomaco vuoto, anche quando diventano oggetto di violenza. Non è facile essere bambini come Araya e i suoi amici in Etiopia, né in Tanzania, né in molti altri Paesi del continente africano e del sud del mondo. Eppure questi uomini e donne del futuro sorridono alla vita, anzi, la vita la mordono. Sanno adattarsi e affrontare le sfide, a prescindere dalle difficoltà, lottando con le proprie paure. Per loro il quotidiano è una lunga strada tortuosa e in salita, ma si fanno forza sulle piccole gambe e vanno avanti. Lo studio li proietterà in una condizione meno ostile, permetterà loro di affrancarsi da una vita di precarietà e magari avere un lavoro dignitoso, che riflette le loro inclinazioni e i loro talenti. Un giorno per alcuni di loro ci sarà l’occasione di imbarcarsi e partire verso un mondo immaginato come migliore, per molti versi meno difficile e ostile. La maggioranza resterà in Patria, alcuni cogliendo occasioni importanti offerte sul territorio, altri continuando a lottare ogni giorno per sopravvivere. Alcuni partiranno con i documenti in regola e inizieranno una nuova stagione della propria vita all’estero, in zone meno povere, tra nostalgia ed emozione. Altri, invece, si muoveranno clandestinamente, rischiando la loro stessa vita, partendo senza valigie, ma con un importante bagaglio, quello delle esperienze e della resilienza. Chi li incontrerà spesso sarà portato a giudicarli per l’apparenza, usando la lente del pregiudizio e non si renderà conto della straordinaria motivazione e della forza di vita che ha portato lì quelle persone. Solo una reciproca conoscenza permetterà di scoprire la storia, il coraggio e il desiderio di farcela che ha permesso a quella bambina che ogni mattina andava a prendere l’acqua alla sorgente e a quel bambino che lucidava scarpe sui marciapiedi di essere lì, per se stessi, ma anche per le generazioni a venire. Perché ogni vita salvata dagli stenti e dai pericoli è come un sasso nello stagno che propaga tanti cerchi. Noi di CVM – Comunità Volontari per il Mondo vogliamo continuare a sostenere il cammino delle bambine e dei bambini in Etiopia e Tanzania e aiutarli ad affrontare il più serenamente possibile le proprie vite. Imparando da loro, ogni giorno, la bellezza di saper stare al mondo, davvero.