Shalom a tutte le donne del mondo
Ha fatto il giro del mondo il video della donna israeliana rilasciata da Hamas che ha avuto il coraggio di augurare “Pace” ai suoi rapitori. Non è stata un’esperienza qualsiasi quella che ha vissuto ma un “inferno” dal quale è riuscita ad emergere e chiedere Pace.
Si tratta di un coraggio che il Mondo non ha avuto: Il Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite non è riuscito a trovare la sufficiente coesione per chiedere il cessate il fuoco per alleviare le sofferenze delle donne e bambini della Palestina.
Se ci sforzassimo di guardare i conflitti con gli occhi delle donne, forse diventerebbe meno facile accettare e giustificare la violenza che ogni conflitto porta. Sono le donne israeliane e palestinesi quelle che stanno soffrendo la violenza assurda della guerra, sui loro corpi e sui corpi dei loro figli che sono un tutt’uno con il loro e troppo spesso la violenza dilania prematuramente.
La violenza che hanno subito donne e bambini israeliani per mano dei miliziani di Hamas è inaccettabile e nessun richiamo alle cause storiche la giustifica. Ugualmente inaccettabile è la violenza che viene rovesciata sulle donne e bambini palestinesi, ostaggi di un gruppo terrorista che controlla le loro vite e vittime di una violenza cieca che ha trasformato la loro esistenza in un inferno senza scampo.
Il mondo non riesce a proteggere donne e bambini, civili per definizione, dalla violenza della guerra. Non li protegge prima e non rende giustizia alle loro sofferenze dopo.
Inevitabile il parallelo con l’Etiopia dove milioni di donne e bambini hanno subito la violenza della guerra con il suo corredo di abusi individuali e collettivi. Contro i civili etiopi sono state utilizzate tutte le forme possibili di violenza, compreso la negazione degli aiuti umanitari: cibo, acqua, medicine.
Le Nazioni Unite hanno evidenziato che con molta probabilità tutte le parti in guerra hanno commesso crimini. Uccisioni arbitrarie, abusi sessuali e altre forme di violenza sono stati perpetrati contro donne non combattenti la cui sola colpa era di appartenere all’altra etnia.
Le donne etiopi che sono state violentate ed abusate durante la guerra fra le forze del Tigrai in opposizione all’esercito federale etiope e all’esercito eritreo, non avranno giustizia. La Commissione creata dal Consiglio per i Diritti Umani delle Nazioni Unite dopo due anni di lavoro ha concluso il suo mandato nell’ottobre 2023. Ma nessun membro del Consiglio ne ha chiesto il rinnovo.
Il Mondo non è stato capace di tutelarle durante gli anni della guerra, come oggi non è disponibile a fermare la violenza in Palestina, né è stato capace di rendere giustizia a posteriori alle vittime e fungere da deterrente per scoraggiare violenze future. Anche in questo momento, lontano dai riflettori, in Etiopia si continua a combattere e a soffrire inutilmente.
A fronte dell’impotenza collettiva di fermare la guerra, l’unica speranza che rimane per le donne in Palestina (così come per l’Etiopia), è racchiusa in una sola parola “Shalom Aleikum Salam» pronunciata in due lingue, da una donna che ha subito l’urto della violenza, ma che è più forte della violenza stessa e ha la forza di rispondere con un’offerta di Pace. In quei pochi secondi, Yocheved Lifshitz, donna israeliana di 85 anni, il cui marito è rimasto fra gli ostaggi, ha tracciato l’unico percorso possibile e sensato per l’Umanità.
di Attilio Ascani