Valentina, in partenza per Bagamoyo per l’empowerment delle donne (SVE)
A fine gennaio sono rientrata dal Madagascar, dove ho svolto un anno di servizio civile. Un’esperienza bellissima, intensa, a volte faticosa, che mi ha segnato profondamente. Sono tornata con tante idee, il mio modo di pensare e di sentire stravolti. Pur desiderando ripartire ho capito di avere bisogno di fermarmi, di metabolizzare tutto quello che avevo vissuto, e di farlo a casa, nei luoghi di sempre, nei luoghi dove è più difficile continuare a essere quella che ero giù. Rimanere a casa ed adattarsi a un modo di vivere e lavorare nel quale facevo fatica a riconoscermi è stato difficile, ma è stato importante per riflettere, per pensare di ripartire con più consapevolezza.
Diverse cose mi hanno spinto a fare richiesta dello SVE con CVM. Mi ha attirato l’idea di poter tornare in Africa e conoscerne un altro pezzettino. E poi il progetto, orientato al sostegno e allo sviluppo dell’educazione delle adolescenti e delle donne, nel quadro della promozione dei diritti delle donne e delle fasce più vulnerabili ed esposte a HIV/AIDS. In Madagascar avevo lavorato su alcuni progetti incentrati sull’educazione e alfabetizzazione dei minori lavoratori, rendendomi conto dell’importanza di dare un seguito a questi progetti anche per le fasce più adulte, adolescenti, ragazzi bisognosi di una formazione professionale e di aiuto per entrare nel mondo del lavoro; evitare che gli sforzi fatti con i bambini finissero nel vuoto, cercare di offrire condizioni socio economiche più stabili a futuri uomini e donne, futuri padri e madri di famiglie, fattore imprescindibile per garantire giustizia e sicurezza a loro e ai loro figli.
E cosi eccomi qui..il Madagascar ha cambiato e rovesciato tante mie aspettative. Sono partita pensando di cambiare il mondo. In realtà mi sono resa conto che la prima a cambiare dovevo essere io. Che potevo scordarmi di arrivare e cambiare tutto in un colpo, che nessuno mi stava aspettando, che io forse non avrei fatto la differenza. Che per prima cosa dovevo rimanere in silenzio, e osservare, e ascoltare, e imparare a seguire i tempi e i modi delle persone che avevo di fianco. All’inizio la frustrazione è stata grande, ma piano piano mi sono accorta che facendomi piccola potevo cominiciare a costruire relazioni più alla pari e vere con le persone che avevo intorno, entrare un po’ nelle loro vite, nel loro modo di ragionare e pensare, pur restando tante le differenze. E cosi facendo ho scoperto piano piano il valore dei piccoli passi avanti, dei piccoli successi, che a volte sono solo un sorriso di complicità strappato a un collega, di ogni minuto speso facendo qualcosa in cui credi e che per te acquista importanza anche se non entrerà nella Grande storia..e che piano piano potevo arrivare a trasmettere qualcosa, a “insegnare” qualcosa, a lavorare davvero insieme alle persone accanto a me, partendo dalla fiducia e dal rispetto reciproci.
Affronto questa nuova partenza con uno spirito molto diverso dalla precedente. Molto più conscia delle difficoltà che ci saranno, dei miei limiti fisici e mentali, di quanto a volte è facile e duro sentirsi stranieri e soli lontano da casa. Ma anche con la convizione di quello che vado a fare e soprattutto del perchè lo vado a fare, del perchè scelgo di passare un altro periodo lontano da casa e dalle persone care. Con la consapevolezza dell’importanza e del valore della condivisione di un pezzo di strada con altre persone, per me e credo per loro, dello stare insieme, del mostrarsi vicini a qualcuno. Con la consapevolezza che solo cercando di costruire una relazione di fiducia con le persone accanto a me posso pensare di trasmettere qualcosa, sul piano professionale e su quello umano, e posso pensare di farmi trasmettere qualcosa. Per poter tornare a casa e cercare di continuare a vivere nello stesso modo il mio lavoro e la mia vita, sia nel caso in cui scelga di ripartire che di restare in Italia.