Andrea Iacomini, Unicef Italia: “Solo con la consapevolezza si combatte l’indifferenza”
di Asmae Dachan
Se dovessimo fare una fotografia della situazione dell’infanzia nel mondo oggi, che cosa emergerebbe?
È come se ci fosse un meccanismo circolare di circostanza drammatiche che accadono, una serie di fattori che dal clima, alle guerre, alla povertà, alle emergenze legate alla fame e alle catastrofi si sommano e sono tutte clamorosamente contemporanee. Ad esse aggiungiamo la questione migratoria che, in termini orizzontali, passa attraverso tutti questi temi. Forse viviamo l’epoca peggiore degli ultimi decenni per l’infanzia. Ci troviamo di fronte a quattrocento milioni di bambini che vivono in aree di conflitto, a un miliardo di bambini che vivono in trentatré Paesi a rischio climatico, in zone dove cioè la temperatura è aumentata notevolmente. La condizione di vivibilità di certi Paesi nell’Africa occidentale, ma anche di diverse aree dell’Asia o in zone che diventeranno a rischio come anche le nostre, si è notevolmente complicata.
Anche il clima può, quindi, rappresentare un fattore di rischio per l’infanzia?
Il tema climatico è uno dei grandi temi che investono l’infanzia e dovrebbe essere al centro dell’agenda dei governi. Il cambiamento climatico non determina solo più povertà e situazioni di siccità, ma anche catastrofi come i nubifragi e gli uragani. Pensiamo a cosa è accaduto recentemente in Libia, e alle centinaia di vittime delle inondazioni, o ai terremoti come quello che ha colpito la Siria e la Turchia o a quelli del Marocco e dell’Afghanistan. C’è, quindi, in tema climatico, una grande criticità. Il prezzo più alto lo pagano le bambine e i bambini, non soltanto perché restano senza casa, che è gravissimo, ma anche per il fatto di non avere più un luogo dove studiare. L’Unicef è impegnata per riportare i bambini a scuola con diversi progetti nel mondo. Bisogna non trascurare le ripercussioni dal punto di vista psicologico, socio-economico e le condizioni nelle quali le famiglie decidono di fuggire da quei contesti, di mettersi in viaggio.
Poi ci sono le guerre…
Ben quattrocento milioni di bambini, come abbiamo già detto, vivono in zone di conflitto, alcune di queste sono conosciute, perché se ne parla tutti i giorni, come ad esempio l’Ucraina, Israele e Gaza. I numeri dell’esodo di una guerra che ancora continua e che ha coinvolto milioni di bambini tra vittime e rifugiati sono spaventosi. Ci sono poi i bambini costretti a vivere nei sotterranei delle proprie città e che continuano, purtroppo, a fare una vita difficilissima, con le bombe sopra le loro teste e loro nascosti sottoterra in condizioni ostili. Come Unicef cerchiamo di alleviare con il nostro impegno nelle metro e nei bunker le loro angosce e il loro stato di paura e smarrimento. Pensiamo ai bambini che sono spariti, a quelli che purtroppo sono vittime di violenza, di tratta e di abuso indicibili, in Ucraina, ma anche nelle altre guerre che sono in corso in varie parti del mondo come in Siria, in Yemen, in Etiopia, in Nogorno Karabakh dove si assiste alla fuga di migliaia di armeni. Tutto questo lede i bambini, che vivono, osservano e subiscono tutto questo a livello fisico e psicologico.
Un altro fattore di rischio è certamente la povertà. In che modo incide sui minori?
Sul tema della povertà cito un Paese di cui non si parla affatto, il Libano, che è una delle economie più in crisi del pianeta con famiglie che non hanno quasi più nulla e bambini che non possono più andare a scuola. La scuola è fondamentale per poterli formare e aiutarli a crescere serenamente. È lì, invece, in quelle situazioni che cominciano a crescere situazioni di violenza, aggressività, aumento della realtà dei matrimoni precoci. Si prevede che dopo la pandemia, se si continua di questo passo, i matrimoni precoci arriveranno a un miliardo, quindi aumenteranno esponenzialmente le ragazze che prima dei diciotto anni saranno sposate. Oggi si parla di circa 750 milioni di casi. Senza dimenticare la tragedia dei bambini soldato.
E la malnutrizione?
Si registra l’aumento dei casi di malnutrizione nell’Africa centro occidentale e subsahariana e nell’Asia sud orientale dove i dati legati alla malnutrizione acuta sono cresciuti in maniera esponenziale, con oltre due milioni di bambini che soffrono di questa malattia così subdola e che colpisce larghe fasce del pianeta. Potrei enucleare casi e situazioni senza sosta purtroppo e se a questi aggiungiamo i casi di bambini che soffrono in mare perché fuggono da una condizione invivibile nei loro Paesi, tra violenze, abusi, povertà, guerra, fame e mancanza di diritti, tra cui quello all’istruzione, viene da chiedersi come sia possibile porre fine a tutto questo circolo vizioso in cui nemmeno l’Europa se la passa bene.
Qual è la situazione in Italia?
Anche in Italia stiamo conoscendo un periodo di povertà relativa delle nostre famiglie e dei nostri figli, con quasi un milione e mezzo di bambini che ne sono colpiti. Purtroppo siamo al primo posto in Europa per il numero di ragazze e ragazzi che non vanno a scuola, gli adolescenti cosiddetti Ned, che non studiano, non si avvalgono di alcun tipo di formazione, né percorsi di studio. Anche la nostra Europa è in sofferenza; la crisi sta producendo nuove povertà ed emarginazione.
In ambito generale, le bambine sono più vulnerabili dei bambini?
I bambini sono tutti uguali, qualunque sia la loro identità. Devono avere i loro diritti, vanno protetti tutti, ma non c’è dubbio che in molte parti del pianeta le bambine richiedono forse una maggiore attenzione. Penso alle ragazze che ho conosciuto in Libano vittime di matrimoni precoci, che hanno avuto figli ancora molto giovani, a come vengano strappate alla scuola, costrette a lavori forzati. Ci sono oltre 200 milioni di bambine vittime di mutilazioni genitali femminili, ci sono ancora violenze di genere che vengono taciute e sulle cui denunce gran parte delle società devono fare passi avanti. Non voglio quindi fare una distinzione tra maschi e femmine, ma non c’è dubbio che se i bambini in generale pagano un prezzo alto nelle situazioni di crisi, le bambine pagano un prezzo maggiore. Guardiamo all’Afghanistan dove è stato tolto alle bambine e alle ragazze il diritto di andare a scuola e alle donne adulte è stato proibito di frequentare l’università e i luoghi di lavoro. Ciò, di fatto, ha provocato un calo del Pil in modo notevole. Bisogna capire che oltre che un dovere è un’opportunità proteggere le bambine e rispettarne i diritti. Per noi sembrano concetti scontati, ma purtroppo in buona parte del mondo non è così. Laddove i Paesi e le famiglie entrano in crisi si instillano anche i germi del terrore di queste madri di non vedere le figlie crescere perché in certi Paesi vengono vendute, in altri vengono ridotte in schiavitù sessuale.
Che cosa bisognerebbe fare per tentare di migliorare questo quadro preoccupante?
Serve una grande rivoluzione che parta dalla protezione dei bambini, dalla convenzione dell’89 sui diritti dell’infanzia. Se diamo una panoramica alla situazione internazionale dei diritti umani come ad esempio in Iran, dove le donne vengono arrestate, malmenate e uccise capiamo che tutto questo si riflette sui diritti dei bambini in modo pesante. Mi sento molto preoccupato e mi chiedo come si possa spezzare tutto questo, quando lo spettro dell’atomica è vicino a noi e le potenze si guardano in cagnesco. Abbiamo assistito alla guerra in Siria dove tuti i Paesi hanno partecipato in un modo o nell’altro, dando di fatto solo sofferenza all’intera popolazione, bambini in primis, ed è come se non fosse successo niente. I bambini siriani hanno subito come pochi altri, perché a differenza dei bambini ucraini ad esempio, che sono stati giustamente e degnamente accolti al loro arrivo al confine dopo il viaggio di una notte, i bambini siriani hanno camminato mesi e spesso sono finiti nei campi e sono morti a migliaia nelle traversate via mare perché nessuno andava loro incontro. Sta succedendo qualcosa di indicibile negli ultimi anni, qualcosa che non si vedeva almeno dagli anni ’70.
Come padre e come portavoce di UNICEF Italia, che augurio vorrebbe fare ai bambini del mondo per Natale?
Vorrei fare un invito ai giovani, dire cioè che tutto quello di cui abbiamo trattato può trovare nelle nuove generazioni delle sensibilità diverse. Bisogna prendere coraggio e far capire che il cambiamento è possibile, che si può fare. Questo circolo vizioso si può rompere proprio grazie ai giovani. Le nuove generazioni in realtà possono fare molto, scegliere le persone giuste per cambiare la realtà delle cose, possono candidarsi a essere loro stesse le generatrici di nuove prospettive. Con la giusta informazione e la giusta mentalità e forza sicuramente si può invertire la tendenza. Gli uomini che oggi stanno incendiando il mondo sono uomini che hanno vissuto un’infanzia non bella. Il contraltare è scegliere uomini di buona volontà che abbiano una visione lungimirante ed equilibrata del pianeta, che non spendano soldi in armi ma in progresso e sviluppo. Il miglior regalo che possiamo fare alle nuove generazioni è dire che hanno in mano la possibilità di cambiare. Come? Partecipando, osservando, ascoltando le storie di chi fugge e vive queste tragedie, perché solo con la consapevolezza si combatte l’indifferenza.